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Capitolo 2
Zhāng Yìdé, per la rabbia, prende a frustate l’ispettore distrettuale.
Hé Jìn, il cognato dell’imperatore, progetta lo sterminio degli eunuchi corrotti.
I- Parliamo ora di Dōng Zhuó, il cui nome di cortesia era Zhòngyĭng. Costui era originario del distretto di Líntáo nel Lŏngxī e svolgeva in quel periodo le funzioni di governatore di Hédōng. Era sempre stato un individuo presuntuoso ed arrogante.
Quel giorno, dopo che Dōng Zhuó ebbe trattato con evidente scortesia Xuándé, Zhāng Fēi fu preso dalla rabbia e voleva ucciderlo, ma Xuándé ed il comandante Guăn si affrettarono a trattenerlo, dicendogli: “Ricordati che è un funzionario del governo imperiale. Non puoi farti giustizia da solo”.
Fēi rispose. “ Se non posso accoppare quel cialtrone, finirò sotto il suo comando e dovrò prendere
ordini da lui, cosa di cui non ho proprio la minima voglia. Se voi due, fratelli miei, desiderate restare qui, io me ne andrò altrove per conto mio”.
“Noi tre abbiamo giurato di vivere e di morire insieme.” lo interruppe Xuándé “Come potremmo mai lasciarti andar via da solo?”.
Fēi replicò: “Va bene. In questo caso, cercherò di sfogare la mia rabbia in qualche altro modo”.
II- I tre si diressero quindi con le loro truppe, a marce forzate, verso l’accampamento di Zhū Jùn, che li accolse cordialmente e che li aggregò al proprio esercito per combattere contro Zhāng Bào. Cáo Cāo, dal canto suo, aveva raggiunto Huángfū Sōng per collaborare all’offensiva contro Zhāng Líang ed i due avevano impegnato il capo ribelle in una grande battaglia nei pressi di Qūyáng.
A questo punto Zhū Jùn lanciò la propria campagna contro Zhāng Bào, che si era ritirato sulle montagne con una forza di ottanta-novantamila uomini, ed ordinò a Xuándé di andare in avanscoperta e di affrontare per primo i nemici. Zhāng Bào mandò avanti il suo luogotenente Gāo Shēng ad attaccare battaglia. Xuándé ordinò a Zhāng Fēi di affrontarlo.Fēi spronò il cavallo al galoppo, mise la lancia in resta e si gettò sull’avversario. Dopo un breve scambio di colpi, Sheng fu disarcionato. Allora Xuándé ordinò subito l’assalto generale. Zhāng Bào, in sella al suo cavallo levò in fretta la spada e fece ricorso alla magia. Scoppiò un improvviso uragano, e, d’un tratto, il cielo si oscurò e dal buio sbucò un’orda di fanti e di cavalieri che massacrarono chiunque gli si parasse davanti. Xuándé fece prontamente battere la ritirata, ma i soldati si sbandarono e fuggirono in
disordine.
Sconfitto, Xuándé ritornò da Zhū Jùn a chiedergli consiglio. “Era solo stregoneria” gli disse Zhū Jùn ” Domani fai uccidere maiali, pecore e cani e fanne raccogliere il sangue. Poi ordina ai tuoi soldati di nascondersi dietro la cresta delle colline. Quando i ribelli verranno all’attacco, i nostri gli verseranno addosso dall’alto il
sangue degli animali. Questo trucco dovrebbe annullare l’effetto della magia”.
III. Xuándé seguì le istruzioni di Zhū Jùn . Assegnò al comandante Guăn e a Zhāng Fēi mille uomini ciascuno con l’ordine di nascondersi dietro la cresta delle colline e di tener pronti dei secchi pieni di sangue di porco, di pecora e di cane. Il giorno seguente Zhāng Bào guidò di nuovo le sue truppe all’attacco tra sventolio di bandiere e rullo di tamburi. Xuándé gli si fece incontro. Nell’attimo in cui i due eserciti stavano per scontrarsi, Zhāng Bào fece ricorso alla magia. Scoppiò subito un gran temporale, che sollevò nuvole di polvere e di sabbia, oscurando il cielo, mentre apparivano improvvisamente dal nulla schiere incessanti di fanti e di cavalieri. Xuándé voltò indietro il cavallo e fuggì a briglia sciolta. Zhāng Bào ordinò ai suoi soldati di inseguirlo, ma non appena giunsero sotto la cresta delle colline, frecce incendiarie lanciate verso il cielo li segnalarono agli uomini di Guăn e di Fēi , che cominciarono a versar loro addosso dall’alto,tutti insieme, il sangue che avevano raccolto. Allora si videro soltanto uomini di carta e cavalli di paglia che cadevano a terra in gran numero.L’uragano cessò istantaneamente e la tempesta di sabbia si placò. Zhāng Bào constatò che la sua magia non funzionava più e fece battere in gran fretta la ritirata. Da destra e da sinistra si lanciarono fuori i reparti di Guăn e di Zhāng, mentre le truppe di Xuándé e di Jùn incalzavano alle spalle i ribelli che fuggivano.
L’esercito ribelle subì una grave sconfitta. Xuándé scorse di lontano la bandiera di comando del “Generale della Terra” e galoppò a spron battuto in quella direzione. Zhāng Bào si diede alla fuga, ma Xuándé gli scoccò una freccia che lo colpì al braccio sinistro. Senza neppure cercare di estrarre la freccia dal braccio, Zhāng Bào
continuò a fuggire e riuscì a rifugiarsi tra le mura di Yánchéng, dove si arroccò. Zhū Jùn fece circondare la città di Yánchéng e ne ordinò l’assalto. Nello stesso tempo, inviò dei messaggeri ad informarsi di ciò che
aveva fatto Huángfū Sōng.
IV. I messaggeri riferirono che Huángfū Sōng aveva conseguito una grande vittoria e che la Corte lo aveva perciò nominato al posto di Dōng Zhuó, che continuava a passare di sconfitta in sconfitta. Poco prima dell’arrivo di Sōng era morto Zhāng Jué, che era stato sostituito alla testa dei ribelli da Zhāng Líang, il quale aveva subito dovuto affrontare le truppe imperiali. Sconfitto da Huángfū Sōng in sette successive battaglie, Zhāng Líang era stato catturato e decapitato a Qūyáng . Gli Imperiali avevano ritrovato la bara con il cadavere di Zhāng Jué, al quale avevano tagliato la testa, che era stata inviata alla capitale perché fosse piantata in cima ad un palo sulla piazza principale. I ribelli superstiti si erano arresi tutti quanti. La Corte aveva nominato Huángfū Sōng comandante supremo della cavalleria e dei reparti di carri e gli aveva conferito il titolo
di signore della città di Jìizhōu. Huángfū Sōng aveva anche inoltrato all’imperatore una supplica in favore di Lú Zhí , del quale sottolineava i grandi meriti e l’assoluta innocenza. In seguito a ciò la Corte aveva reintegrato Lú Zhí nel suo precedente grado e nelle relative funzioni. Anche Cáo Cāo, in riconoscimento dei suoi meriti, era stato trasferito ad un incarico più importante a Jĭnán e, congedati i suoi soldati, si era immediatamente recato ad occupare il suo nuovo posto.
V. Ascoltato il rapporto dei messaggeri, Zhū Jùn incitò le sue truppe ad attaccare Yánchéng con tutte le loro forze. La situazione dei ribelli si fece disperata. Poiché Zhāng Bào comandava con estrema durezza, i suoi subordinati lo uccisero e ne portarono la testa a Zhū Jùn in segno di resa. Zhū Jùn pacificò in seguito numerosi distretti ed inviò all’imperatore un rapporto sul bottino conseguito in quella campagna.
VI. Rimanevano a quel punto ancora in circolazione tre capi ribelli – Zhào Hong, Hán Zhōng e Sūn Zhòng
– che, alla testa di alcune decine di migliaia di seguaci, bruciavano e saccheggiavano, dicendo che intendevano vendicare Zhāng Jué. La Corte ordinò a Zhū Jùn di lanciarsi immediatamente alla loro caccia con le sue truppe ormai vittoriose.
Jùn obbedì e mise subito in marcia le sue truppe contro le forze ribelli che in quel momento occupavano la città di Wănchéng. Zhào Hong gli inviò contro, per affrontarlo, un distaccamento guidato da Hán Zhōng,
che si trovò di fronte Xuándé, Guăn e Zhāng , incaricati da Jùn di attaccare il lato sud-ovest della città. Hán Zhōng prese le migliori truppe che aveva a sua disposizione e le pose a difesa di questo settore, ma, nel frattempo, Zhū Jùn , con duemila uomini della cavalleria corazzata, aveva puntato direttamente sul
lato nord-est della città. I ribelli, temendo che il nemico riuscisse a penetrare in città, abbandonarono in fretta il lato sud-ovest per rinforzare le difese dall’altro lato. Xuándé li attaccò, nel bel mezzo di questa manovra, ed
inflisse loro una pesante sconfitta costringendoli a ritirarsi tra le mura di Wănchéng.
Zhū Jùn divise le proprie forze e circondò completamente la città, all’interno della quale vennero presto a
mancare i viveri. Di fronte a questa situazione, Hán Zhōng inviò agli assedianti un suo delegato per trattare la resa, ma Jùn lo respinse.
VII. Xuándé non era d’accordo e disse a Jùn: “ Nei tempi antichi Gāozŭ non conquistò forse l’impero inducendo i suoi nemici ad arrendersi e risparmiando coloro che si erano sottomessi? Ti pare giusto che noi ora
respingiamo le proposte di resa di Hán Zhōng ?”.
“La situazione di quei tempi“ gli rispose Jùn “ era completamente diversa da quella attuale. A quell’epoca, nel periodo delle lotte tra i Qín e Xiàng (1), il paese era nel caos ed il popolo non aveva ancora trovato un capo. Perciò, indurre il nemico ad arrendersi proponendogli buone condizioni aveva un senso. Oggi invece,
i Turbanti Gialli si ribellano al governo legittimo che controlla tutto il paese. Accettare la loro resa non ci apporterebbe alcun vantaggio, visto che, se questi se la cavassero così a buon mercato, tutti gli altri penserebbero di poter continuare a rubare e a saccheggiare liberamente. Sarebbe troppo comodo
ribellarsi e poi arrendersi tranquillamente non appena ci si trova in difficoltà. Perciò il perdono non è una buona strategia”.
“Allora, d’accordo,” replicò Xuándé” nessun quartiere per i banditi. Li abbiamo già circondati da tutte le parti, come se fossero chiusi in una botte di ferro, e, respingendo le loro proposte di resa, li costringeremo a lottare fino alla morte, nonostante siano ormai tutti convinti che ogni resistenza è inutile. Non ti pare, tuttavia, che in questo modo stiamo condannando alla rovina decine di migliaia di abitanti della città? Non sarebbe meglio ritirare le nostre forze dal lato sud-est e concentrare il nostro attacco sul lato nord-ovest. I ribelli cercheranno certamente di abbandonare la città e di fuggir via. Noi li inseguiremo e li costringeremo, anche se non vogliono, a dare battaglia in campo aperto. Potremo così distruggerli senza danno per la popolazione civile”.
VIII. Jùn accettò il suggerimento e ritirò le truppe dal lato sud-est della città, concentrando gli attacchi dell’intero esercito sul lato nord-ovest. Come c’era da aspettarsi, Hán Zhōng fece uscire i suoi uomini dall’altro lato e tentò di fuggire, ma Jùn aveva previsto questa mossa e con Xuándé, Guăn, Zhāng e
tutto l’esercito piombò sui ribelli in fuga. Hán Zhōng fu ucciso da una freccia, gli altri si dispersero senza combattere in tutte le direzioni.
IX- Proprio mentre le truppe imperiali stavano inseguendo i fuggiaschi, comparvero, alla guida di una gran massa di ribelli, Zhào Hóng e Sūn Zhòng , che si gettarono su Jùn, il quale, vedendo che Hóng disponeva di ingenti forze, giudicò prudente, almeno per il momento, di ritirarsi. Hóng approfittò dell’occasione per rioccupare Wănchéng , mentre Jùn si accampò a circa cinque chilometri di distanza.
Stava organizzando il contrattacco, quando scorse improvvisamente avvicinarsi da est un gruppo di armati, alcuni a piedi, altri a cavallo: Li guidava un uomo dalla fronte spaziosa e dal volto largo, con le spalle possenti ed il petto robusto. Veniva da Fùchūn nel distretto di Wú e si chiamava Sūn Jiān ma si faceva chiamare Wéntái. Come si venne a saper più tardi discendeva da Sūn Wŭzĭ. ( 2) All’età di diciassette anni, una volta che si recava con suo padre a Qiántáng, vide sulla spiaggia più di una decina di pirati che avevano derubato dei mercanti e che si stavano ora dividendo il bottino. Jiān disse a suo padre: “Voglio catturare questi pirati”. Si precipitò sulla spiaggia con la spada in mano, urlando a squarciagola e dando ordini a destra e a sinistra, come se fosse alla testa di parecchi uomini. I pirati credettero di essere stati scoperti dai gendarmi, abbandonarono il bottino e fuggirono a gambe levate. Jiān li inseguì e riuscì ad ucciderne uno. Ciò lo rese famoso nei dintorni e gli fece ottenere la nomina a comandante della gendarmeria locale. Più tardi, il feroce bandito Xŭ Chāng lanciò una ribellione nel distretto di Guìjī, proclamandosi imperatore col nome di Yángmíng, e riuscì a raccogliere decine di migliaia di seguaci. Jiān ed il comandante militare del distretto arruolarono più di mille coraggiosi volontari, che vennero da tutti i distretti e le contee vicine per combattere contro i ribelli, e riuscirono ad uccidere Xŭ Chāng e suo figlio Xŭ Sháo. Il governatore della provinicia, Zāng Mín, presentò un rapporto pieno di elogi per gli autori di questa impresa e, come risultato, Jiān fu prima promosso vicegovernatore della contea di Yándú, poi di quella di Xūyí ed infine di quella di Xiàpī. Avendo visto, di recente, che i Turbanti Gialli si erano ribellati, aveva riunito la gioventù locale e vari mercanti di passaggio aggregandoli ad un reparto di più di 1500 soldati scelti, stazionato nell’area tra i fiumi Huái e Sì, e si era messo in marcia per affrontare i ribelli.
X. Zhū Jùn fu molto contento del suo arrivo e decise di impiegarlo nell’imminente assalto alla città. Jiān avrebbe dovuto attaccare la porta meridionale, Xuándé la porta settentrionale e lo stesso Zhū Jùn la porta occidentale, mentre la porta orientale sarebbe stata trascurata per lasciare una via di fuga ai ribelli.
Sūn Jiān salì per primo sulle mura ed uccise da solo più di 20 ribelli, mettendo in fuga gli altri. Improvvisamente Zhào Hóng galoppò verso le mura con la lancia alzata puntando direttamente contro Sūn Jiān , ma quest’ultimo, con un gran salto, si precipitò su Zhào Hóng dall’alto delle mura e gli strappò la lancia, poi lo pugnalò, facendolo cadere di sella morto. Poi, balzato sul cavallo di Hóng, galoppò come un invasato tra le file dei ribelli facendone strage.
I ribelli che, guidati da Sūn Zhòng, cercarono di fuggire dalla porta settentrionale, finirono direttamente tra le braccia di Xuándé. I soldati ribelli non avevano più alcuna voglia di combattere e ciascuno di essi pensò unicamente a salvarsi con la fuga. Xuándé tese l’arco e scoccò una freccia contro Sūn Zhòng, che si rovesciò all’indietro e cadde da cavallo.
A questo punto entrò in lizza il numeroso esercito di Zhū Jùn.
Decine di migliaia di ribelli furono uccisi ed innumerevoli furono quelli che si arresero.Dopo aver pacificato più di dieci distretti nei dintorni di Nányáng, Jùn congedò le proprie truppe e ritornò alla capitale. Un decreto imperiale gli conferì il grado di generale dei cavalleggeri e dei carri da guerra ed il titolo di signore di Hénán. Nel suo rapporto Zhū Jùn non mancò di elogiare tanto Sūn Jiān quanto Liú Bèi , ma Sūn Jiān aveva amicizie altolocate e fu promosso comandante militare in un altro distretto, nel quale prese subito servizio, mentre Xuándé aspettò a lungo senza che gli fosse assegnato alcun incarico.
XI- I tre amici erano depressi e stavano vagando senza meta per le vie della capitale quando incrociarono per caso la carrozza di Zhāng Jūn, capitano della guardia imperiale. Xuándé, che lo conosceva, andò a trovarlo e gli raccontò di sé e delle proprie vicende. Jūn ne fu scosso e, la prima volta che ebbe occasione di trovarsi alla presenza dell’imperatore gli disse:” In verità, l’unica ragione per cui è scoppiata la rivolta dei Turbanti Gialli è che i Dieci Assistenti Ordinari vendevano i titoli nobiliari e le cariche pubbliche. Facevano assumere solo i loro amici e facevano cacciare solo i loro nemici, con la conseguenza che l’impero è precipitato nel
caos. Bisognerebbe giustiziare i Dieci Assistenti Ordinari ed esporre le loro teste in cima a dei pali nei quartieri più affollati della capitale e poi darne notizia in tutto l’impero. Tutti coloro che hanno reso importanti servizi allo Stato dovrebbero essere ricompensati ed in questo modo anche la pubblica amministrazione sarebbe risanata”. I Dieci Assistenti Ordinari presentarono all’imperatore un memoriale in cui si sosteneva che Jūn lo stava ingannando. L’imperatore comandò alle guardie di allontanare Zhāng Jūn dal palazzo. Tuttavia i Dieci Assistenti Ordinari si riunirono per discutere la situazione e si resero conto che non era opportuno trascurare completamente coloro che avevano contribuito a domare la rivolta dei Turbanti Gialli: “Se costoro non ottengono un contentino” conclusero “nutriranno del risentimento contro di noi. Ci conviene dare istruzioni ai funzionari incaricati delle nomine perché assegnino loro qualche posto di scarsa importanza. Così non potranno accusarci di aver tardato troppo a riconoscere i loro meriti”.
Fu così che Xuándé fu nominato capo della polizia municipale ad Ānxī, piccola città del distretto di Dàizhōu nella prefettura di Zhōngshān, e gli fu notificata una data per la sua entrata in funzioni. Xuándé ricondusse a casa i suoi soldati e li congedò.
Quando prese servizio ad Ānxī portò con sé soltanto una ventina di persone o poco più, tra cui Guăn e Zhāng. La popolazione si stupì nel constatare che, dopo un mese dall’entrata in carica, non aveva ancora chiesto favori od imposto tangenti ad una sola persona e tutti furono influenzati dal suo esempio. Anche dopo esser divenuto funzionario, Xuándé continuò a mangiare alla stessa tavola con Guăn e Zhāng e a dividere con loro la propria camera. Se Xuándé aveva degli impegni legati alle sue funzioni, Guăn e Zhāng lo assistevano tutto il giorno senza mai stancarsi.
XII. Trascorsi appena quattro mesi dal loro arrivo ad Ānxī, fu pubblicato un editto imperiale che revocava le
nomine di tutti i funzionari civili provenienti dai ranghi militari e Xuándé temeva di rientrare anche lui
nella categoria di coloro che dovevano essere allontanati. Proprio allora, l’ispettore distrettuale, che stava facendo il suo abituale giro d’ispezione, arrivò ad Ānxī. Xuándé uscì dalla città e gli si fece incontro per dargli il benvenuto. Quando lo vide giungere, lo salutò rispettosamente, ma l’ispettore, senza smontare da cavallo, si limitò a rispondere al saluto agitando leggermente il suo frustino. Guăn e Zhāng furono entrambi profondamente turbati da questa scena.
Si recarono poi tutti alla locanda, il cui salone fungeva da locale di riunione, e l’ispettore si sedette su una pedana volta verso il sud, mentre Xuándé stava in piedi di fronte ai gradini.
Dopo un momento di silenzio, l’ispettore gli domandò: “Funzionario Liú, da quale famiglia provenite?”.
“Discendo dal principe JĬng di Zōngshān.” rispose Xuándé ” Sono partito da Zhuō per combattere ed annientare i Turbanti Gialli. Ho partecipato a circa trenta battaglie con un certo successo ed è per
questo che ho ottenuto il mio attuale incarico”.
“ Voi mentite sulla vostra presunta parentela con la famiglia imperiale” lo interruppe ad alta voce l’ispettore” e non sono vere neppure le imprese di cui vi vantate. È appena stato emanato un editto imperiale che intende revocare le nomine ottenute con la falsità e la corruzione, come la vostra”.
Xuándé non seppe far altro che ripetere continuamente “sissignore, sissignore” e si ritirò.
Poi si recò in prefettura per chiedere consiglio al segretario della prefettura, che gli spiegò: “Se l’ispettore fa il
difficile, ciò può significare una sola cosa: vuole essere pagato per confermarti l’incarico”.
“Ho esercitato le mie funzioni senza estorcere un soldo alla gente.” osservò Xuándé ”Dove posso mai trovare il
denaro per pagare l’ispettore?”.
Il giorno seguente l’ispettore si recò dal segretario della prefettura e lo costrinse a testimoniare che il capo della polizia municipale aveva abusato dei propri poteri.
Xuándé andò più volte a chiedere di potersi difendere, ma le guardie gli impedirono di vedere l’ispettore, che si rifiutava di riceverlo.
XIII. Parliamo ora un momento di Zhāng Fēi che aveva scolato numerosi bicchieri di vino per dimenticare il suo dispiacere. Uscito dalla taverna e montato a cavallo, vide, dinanzi alla porta della prefettura, cinquanta o sessanta anziani che piangevano e si lamentavano. Gli domandò la ragione della loro tristezza ed essi risposero parlando tutti insieme: “L’ispettore distrettuale sta costringendo il segretario della prefettura ad accusare il signor Liú. Noi siamo venuti tutti a protestare, ma non ci è stato permesso di entrare, anzi le guardie che stanno alla porta ci hanno cacciati via a bastonate”.
Zhāng Fēi non ci vide più dalla rabbia. Si guardò intorno con le pupille dilatate dal furore e cominciò a digrignare i denti. Balzò giù di sella e si precipitò nella locanda, senza che le guardie osassero fermarlo. Entrò senza complimenti nel salone posteriore e vide l’ispettore distrettuale che stava giudicando il segretario
della prefettura, prostrato dinanzi a lui in catene. “Farabutto! Sfruttatore del popolo!” gli urlò in faccia Zhāng Fēi “Tu non hai ancora imparato a conoscermi!”e, prima che l’altro potesse aprire bocca, lo afferrò per i capelli e lo trascinò fuori della locanda. Di fronte alla sede della prefettura c’era un palo al quale si legavano i cavalli. Zhāng Fēi ci legò l’ispettore, poi strappò un ramo di salice e cominciò a frustare con gran forza il malcapitato, continuando a frustarlo finché non gli ebbe rotto sulla schiena almeno dieci branche di salice.
XIV. Mentre Xuándé stava meditando sulle proprie disgrazie, sentì un gran baccano provenire dalla sede della
prefettura e domandò a chi gli stava intorno che cosa stesse accadendo. Gli risposero che il “comandante” Zhāng aveva legato qualcuno ad un palo dinanzi alla sede della prefettura e gli stava dando botte da orbi. Xuándé corse a vedere che cosa succedeva e si rese conto che la persona che veniva presa a frustate era niente di meno che l’ispettore distrettuale. Sconcertato, Xuándé domandò a Zhāng Fēi la ragione di tale
trattamento.
“Questi cialtroni che sfruttano il popolo non meritano forse di essere bastonati a morte?” gli rispose Zhāng Fēi “Ebbene, io sto provvedendo”.
L’ispettore distrettuale si mise a gridare: “Signor Xuándé, salvatemi, per pietà!”.
Xuándé che, in fondo, era un uomo compassionevole, pregò subito Zhāng di fermarsi.
Nel frattempo s’era affiancato al gruppo anche il comandante Guăn , il quale osservò:“Fratello, tu hai compiuto una quantità di grandi imprese e, per tutta ricompensa, hai ottenuto un posto da niente. Come se non bastasse, oggi sei anche stato insultato dall’ispettore distrettuale. Non sprecare qui le tue doti: sarebbe
come se una fenice facesse il nido in un cespuglio di rovi. Non faresti meglio ad uccidere questo disgraziato, abbandonare l’incarico e tornartene a casa? Non illuderti sulla tua grandiosa carriera di funzionario”.
Allora Xuándé si tolse il sigillo dell’ufficio e lo appese al collo dell’ispettore dicendogli con scherno: “Tu sei uno
sfruttatore del popolo ed io dovrei ucciderti ed andarmene via. Invece ho deciso di risparmiarti la vita. Riprenditi il sigillo del governo! Io me ne vado”.
L’ispettore distrettuale denunciò in seguito l’accaduto al governatore di Díngzhōu che fece rapporto al governatore della provincia chiedendo che nei confronti di Xuándé fosse emesso un mandato di cattura.
Xuándé, Guăn e Zhāng si recarono insieme a Dàizhōu e si presentarono a Liú Huī (3), il quale, come seppe che Liú Bèi era un membro della casa degli Hàn, lo tenne nascosto presso di sé, senza dire nulla in giro.
XV. Ritorniamo ora a parlare dei Dieci Assistenti Ordinari , che avevano ormai acquisito un notevole potere. Nei loro conciliaboli, essi avevano deciso di eliminare chiunque si opponesse alla loro cricca. Zhào Zhōng
e Zhāng Rang inviarono uomini fidati a chiedere doni in denaro e tessuti preziosi ai militari che avevano combattuto i Turbanti Gialli, intenzionati ad ottenere dall’imperatore che coloro che non si fossero sottomessi fossero rimossi dai loro incarichi. Huángfū Sōng e Zhū Jùn rifiutarono entrambi di piegarsi alle pressioni degli eunuchi. Allora Zhào Zhōng ed i suoi accoliti chiesero all’imperatore di rimuoverli dalle loro funzioni.Non solo ottennero ciò che volevano, ma addirittura l’imperatore nominò Zhào Zhōng generale della cavalleria e dei carri da guerra e conferì alti titoli nobiliari a tredici altri membri della sua fazione, tra cui Zhāng Ràng. Il
governo divenne sempre più corrotto e lo scontento della popolazione crebbe sempre di più.
Un bandito di Chángshā, chiamato Oū Xíng, creò disordini. Nel distretto di Yúyáng, Zhāng Jŭ e Zhāng Chún si ribellarono: Jŭ si proclamò imperatore e Chún si dichiarò comandante supremo. Numerosi rapporti preoccupanti giunsero alla capitale, ma i Dieci Assistenti Ordinari li nascosero tutti, senza dire nulla
all’imperatore.
XVI. Un giorno l’imperatore stava mangiando e bevendo nel suo palazzo con I Dieci Assistenti Ordinari quando gli si presentò, tutto agitato, il gran consigliere Liú Táo. L’imperatore gli domandò la causa della sua agitazione e Táo gli rispose: “L’impero corre gravissimi pericoli e Vostra Maestà sta facendo festa con gli eunuchi”. “ Di che pericoli state parlando?” lo interruppe l’imperatore “Nel paese regnano da tempo la pace
e la prosperità”. Táo insistette: “I banditi spuntano fuori da ogni parte ed occupano città e province e tutte queste disgrazie accadono per colpa dei Dieci Assistenti Ordinari , che vendono le cariche pubbliche e sfruttano il popolo. Essi ingannano il loro sovrano. Tutte le persone giuste ed oneste hanno lasciato la Corte e noi siamo ormai al margine della rovina”.
I Dieci Assistenti Ordinari si scoprirono il capo e si gettarono ai piedi dell’imperatore implorandolo: “ Non ci è più possibile rimanere qui, di fronte all’ostilità degli alti funzionari della Corte. Ti preghiamo di salvare
le nostre vite lasciandoci ritornare ai nostri villaggi natali e noi offriremo tutti i nostri beni personali per
finanziare l’esercito”.
L’imperatore, furioso, si rivolse a Táo: “ Anche la tua famiglia ha dei domestici, non è vero? Dunque, soltanto io
non avrei il diritto di averne?”.e, chiamate le guardie, ordinò loro di portarlo via e di tagliargli la testa.
Táo urlò: “ Non mi importa di morire, ma mi rattrista vedere che, dopo oltre quattro secoli di regno, la casa degli Hàn è giunta alla fine”.
XVII- Le guardie afferrarono Táo e lo condussero fuori, ma, mentre stavano per eseguire la sentenza, un alto funzionario ingiunse loro di fermarsi: “ Non fate più nulla. Aspettate che io parli con l’imperatore”.
I soldati lo guardarono. Era il primo ministro Chén Dān, che entrò subito nel palazzo per fare le sue rimostranze all’imperatore: “Quale crimine può aver commesso il consigliere Liú per essere mandato a morte?”
“Ha calunniato i miei assistenti ”rispose l’imperatore “ e mi ha insultato ed offeso personalmente”.
Dān osservò: “ La gente mangerebbe vivi i vostri dieci assistenti, ma voi, Maestà, li onorate come se fossero i
vostri genitori. Sono individui che non hanno mai fatto nulla di buono, eppure hanno ricevuto tutti titoli nobiliari. Per di più, uno di loro, Fēng Xŭ, era in combutta con i Turbanti Gialli ed era pronto a tradirvi. Se
Vostra Maestà ora non comincia a riflettere seriamente, il paese sarà distrutto”.
L’imperatore replicò: “ Non si è assolutamente potuto provare che Fēng Xŭ complottasse contro di me. Ma, anche se così fosse, tra i Dieci Assistenti Ordinari ce ne sarà pure qualcuno che mi è fedele e devoto”.
Chén Dān si prostrò a terra, con la testa che toccava i gradini del trono, ma ribadì le proprie convinzioni.
L’imperatore si infuriò e lo cacciò via.
Poco dopo, Chén fu arrestato e gettato in prigione insieme a Liú. Quella stessa notte, i Dieci Assistenti li fecero uccidere nella loro cella. Poi compilarono un editto imperiale per nominare Sūn Jiān governatore di Chángshā affinché potesse affrontare Oū Xíng.
XVIII- In meno di cinquanta giorni, giunse la notizia che i ribelli erano stati sconfitti ed il distretto di Jiāngxià pacificato. L’imperatore nominò Jiān marchese di Wūchéng. Liú Yú fu nominato signore di Yōuzhōu e lanciò una campagna militare nello Yúyáng contro Zhāng Jŭ e Zhāng Chún.
Liú Huī di Dàizhōu gli scrisse per raccomandargli Liú Bèi . Yú ne fu molto contento e, dopo aver nominato Liú Bèi colonnello, gli ordinò di marciare direttamente col suo reggimento sul covo dei ribelli. Liú Bèi si impegnò con i ribelli in una grande battaglia, che durò parecchi giorni, e riuscì a mantenere le posizioni nonostante avesse subito gravi perdite.
L’estrema crudeltà di Zhāng Chún gli alienò le simpatie dei suoi seguaci. Uno dei suoi luogotenenti lo pugnalò, ne portò la testa agli Imperiali e propose la resa dei ribelli. Zhāng Jŭ, vedendosi senza vie di scampo, si impiccò.
Lo Yúyáng era ormai pacificato. Liú Yú fece rapporto lodando il valore di Liú Bèi , al quale la Corte perdonò il delitto di aver frustato l’ispettore distrettuale. Liú Bèi fu nominato vicegovernatore del distretto di Xiàmì e fu poi promosso comandante militare del distretto di Gāotáng.
Gōngsūn Zàn scrisse a sua volta un rapporto molto favorevole sulle precedenti imprese di Liú Bèi e lo
raccomandò per la promozione a governatore militare di un altro distretto.
Liú Bèi fu presto nominato governatore di Píngyuán. A Píngyuán, Xuándé ottenne un ragguardevole stipendio ed ebbe al suo comando un bel numero di fanti e di cavalieri. Egli ristabilì l’ordine nella regione.
Per il ruolo da lui svolto nella repressione della rivolta, Liu Yú fu nominato comandante supremo
dell’esercito.
XIX. Il quarto mese del sesto anno dell’era Zhōngpíng, l’imperatore Líng fu colpito da una malattia mortale.
Sentendosi prossimo alla fine, convocò a palazzo il comandante in capo delle forze armate Hé Jìn per discutere della propria successione.
Questo Hé Jìn in origine aveva fatto il macellaio, ma una sua sorella minore era entrata a palazzo ed era in seguito diventata concubina imperiale. Avendo dato i natali al principe Biàn, aveva ricevuto il titolo di imperatrice ed aveva ottenuto che a suo fratello fosse conferito un incarico importante e di vero potere.
L’imperatore Líng provava molto affetto per la bella Wáng, che gli aveva partorito il principe Xié. L’imperatrice Hé si ingelosì e fece avvelenare la bella Wáng. Il principe Xié fu allora allevato nel palazzo dell’imperatrice
madre Dŏng, madre dell’imperatore Líng e vedova di Liú Cháng, marchese di Jiĕdú. Líng, figlio del marchese di Jiĕdú, era stato designato come imperatore perché il suo predecessore, l’imperatore Xuán, non aveva avuto figli. Salito al trono, Líng aveva fatto venire a palazzo la madre e le aveva conferito il titolo di Imperatrice Madre.
XX- L’Imperatrice Madre Dŏng avrebbe voluto che l’imperatore designasse il principe Xié come principe ereditario. Anche l’imperatore preferiva Xié e desiderava sceglierlo come successore. Perciò, quando l’imperatore cadde gravemente malato, il suo assistente personale Jiăn Shuò gli disse: “ Maestà, se volete scegliere Xié come vostro successore, dovreste prima far uccidere Hé Jìn per evitare che in futuro sorgano
difficoltà”. L’imperatore fu d’accordo e convocò Hé Jìn a palazzo.
Quando Hé arrivò alle porte del palazzo, l’ufficiale di guardia, un certo Pān Yĭn, lo avvertÌ: “Signore, non
entrate nel palazzo. Jiăn Shuò vuole farvi uccidere”.
Jìn si spaventò, ritornò in gran fretta a casa sua e convocò presso di sé numerosi ministri ed alti funzionari ai quali espresse la propria intenzione di eliminare gli eunuchi.
Uno dei presenti si alzò e fece la seguente osservazione: “ Il potere degli eunuchi è andato sempre crescendo fin dai tempi degli imperatori Chōng e Zhí. Hanno occupato tutti gli angoli della Corte. Come riusciremo a
sterminarli tutti? Se si viene a scoprire il nostro complotto, saremo massacrati tutti quanti. Per favore, state bene attenti a quel che fate.”
Jìn lo squadrò e ,vedendo che l’uomo che parlava era solo il capitano Cáo Cāo , gli rispose con noncuranza: “ Che cosa ne può sapere un giovane ufficiale come voi degli affari dello Stato?”.
XXI. Proprio mentre erano incerti sul da farsi, giunse Pān Yĭn, il quale riferì loro che l’imperatore era
appena spirato e che Jiăn Shuò aveva riunito i Dieci Assistenti Ordinari per dir loro che il decesso doveva essere tenuto segreto e si doveva preparare un falso ordine imperiale per convocare Hé Jìn a palazzo e poi ucciderlo. In questo modo gli eunuchi intendevano far piazza pulita dei loro avversari per poter spianare
al principe Xié la via del trono.
XXII. Non aveva ancora finito di parlare che giunse un messaggero con l’ordine che Hé si presentasse subito a palazzo per conferire con l’imperatore sul problema della successione.
Cāo propose: “La prima cosa che dovremmo fare oggi è riuscire a far designare imperatore chi vogliamo noi. In seguito potremo occuparci di quei farabutti”.
Hé domandò ai presenti: “ Chi se la sente di venire con me a designare il legittimo imperatore ed a punire i traditori?”.
Un uomo si alzò e disse: “ Datemi cinquemila soldati scelti ed entreremo di forza nel palazzo, designeremo
il nuovo imperatore e liquideremo tutti gli eunuchi corrotti. Ripuliremo la Corte di tutta questa spazzatura e ridaremo la pace all’impero”.
Jìn lo guardò in faccia. Era il figlio del primo ministro Yuán Féng ed il nipote di Yuán Wéi: Si chiamava Yuán Shào ed il suo nome di cortesia era Bĕnchū. Era capitano della gendarmeria. Hé Jìn ne fu contento e gli affidò subito cinquemila uomini della guarnigione della capitale.
Shào indossò l’armatura da combattimento che lo ricopriva dalla testa ai piedi.
Hé Jìn lo accompagnò seguito da Hé Yóng, Xún Yōu, Zhèng Tài e da più di una trentina di ministri ed alti funzionari.
Senza por tempo in mezzo si recarono al palazzo e, di fronte alla bara dell’imperatore Líng, proclamarono
prontamente nuovo imperatore il principe Biàn. (4)
XXIII- Dopo che tutti i dignitari ebbero reso omaggio alle spoglie del defunto imperatore, Yuán Shào penetrò all’interno del palazzo per catturare Jiăn Shuò. Quest’ultimo, in preda al panico, cercò di rifugiarsi nei giardini, dove fu ucciso dal suo collega Guō Shèng. La guardia di palazzo, che era ai suoi ordini, depose tutta quanta le armi.
Shào propose a Hé Jìn: “ Gli eunuchi erano tutti d’accordo per formare un gruppo di potere e questa è
l’occasione buona per liquidarli tutti”.
Zhāng Ràng ed i suoi soci capirono al volo la gravità della situazione e corsero terrorizzati a chiedere aiuto all’imperatrice Hé.: “È stato fin dall’inizio il solo Jiăn Shuò a complottare contro il comandante in capo. Noi non c’entriamo per nulla. Ora il comandante in capo ascolta i consigli di Yuán Shào ed intende farci uccidere tutti quanti. Abbi pietà di noi, nobile signora”.
L’imperatrice madre Hé rispose: “Non temete. Vi proteggerò io.” e, mandato subito a chiamare Hé Jìn, gli parlò a cuore aperto. “Ricordati “gli disse “ che tu ed io veniamo entrambi dal nulla. Se non fosse stato per Zhāng Ràng ed i suoi amici, come avremmo mai potuto ottenere le ricchezze ed il prestigio di cui ora godiamo? Jiăn Shuò ha complottato contro di noi ed è stato punito per i suoi crimini , ma non puoi fidarti delle chiacchiere della gente e considerare colpevoli anche gli altri, condannandoli tutti ingiustamente a morte”.
XXIV- Dopo averla ascoltata, Hé Jìn uscì fuori e disse ai dignitari raccolti nel palazzo:“ Jiăn Shuò ha complottato contro di me e, per questo crimine, tutta la sua famiglia sarà sterminata, ma non è necessario giustiziare gli altri”.
Yuán Shào osservò:“ Se rinunci a sterminarli tutti, poni tu stesso le premesse della tua rovina”.
Jìn tagliò corto: “Quel che ho deciso, ho deciso”.
Poi la riunione si sciolse ed ognuno andò per conto suo.
XXV. Il giorno dopo l’imperatrice madre ordinò che Hé Jìn fosse nominato segretario di stato. Anche a tutti gli altri furono assegnate cariche ed onori.
La vecchia imperatrice madre Dŏng convocò Zhāng Ràng ed i suoi amici nella propria residenza per discutere
ciò che stava succedendo e disse loro: “Sono io che all’inizio ho aiutato la sorella di Hé ad andare avanti. Ora che suo figlio è diventato imperatore, tutti i funzionari del palazzo e dell’amministrazione prendono ordini da lei. Che cosa devo fare per impedire che diventi troppo potente?”.
Ràng suggerì:“Vostra Maestà potrebbe creare le condizioni per indirizzare secondo la propria volontà gli affari di Stato. Basterebbe attribuire un feudo importante al principe Xié e poi manovrarlo di nascosto. In seguito, Vostra Maestà potrebbe nominare suo fratello Dŏng ad un alto incarico di Corte ed affidargli il comando delle truppe. Se, infine, anch’io ed i miei colleghi potessimo ottenere posti di rilievo, sarebbe possibile fare, tutti insieme, cose importanti”.
XXVI. L’imperatrice madre Dŏng fu molto contenta del suggerimento ed il giorno seguente provvide a nominare il principe Xié principe di Chénliú ed il proprio fratello Dŏng Chóng comandante della cavalleria leggera. Anche Zhāng Ràng e i suoi colleghi ottennero importanti cariche amministrative.
Quando l’imperatrice Hé si accorse che la vecchia imperatrice Dŏng stava cercando di impadronirsi del potere, organizzò nella propria residenza un ricevimento al quale invitò l’imperatrice Dŏng.Dopo che ebbero bevuto qualche bicchiere, l’imperatrice Hé si alzò, tenendo la coppa tra le mani, si inchinò due volte all’imperatrice Dŏng e le disse: “Noi siamo soltanto donne e non è opportuno che le donne si occupino di politica. Certo, ci provò in passato l’imperatrice Lǚ (5), ma il solo risultato che ottenne fu quello di far massacrare un migliaio di membri del suo clan. Oggi, noi donne faremmo bene a vivere tranquille tra le alte mura del palazzo ed a lasciare che i ministri e gli alti dignitari discutano tra di loro i problemi del governo. In questo modo si farebbe l’interesse del paese? Perché vogliamo interferire ed occuparci di ciò che non ci riguarda?”.
L’imperatrice Dŏng rispose con irritazione: “Vostra Maestà! Voi, che avete avvelenato per gelosia la concubina Wáng, ora avete il coraggio di dirmi queste sciocchezze solo perché vostro figlio è imperatore e vostro fratello è a capo del governo. Ricordatevi che mi basterebbe un cenno della mano per ordinare al comandante della cavalleria leggera di tagliare la testa a vostro fratello.”
L’imperatrice Hé replicò furiosa: “Io vi ho dato un consiglio amichevole e voi mi rispondete in questo modo ?”.
“Che cosa vuoi saperne di politica tu che vieni da una famiglia di macellai e di tavernieri ”le urlò l’imperatrice Dŏng, ormai fuori di sé.
XXVII- Mentre le due dame litigavano, Zhāng Ràng ed i suoi colleghi supplicavano l’una e l’altra di ritornare ai
loro appartamenti.
Quella stessa notte l’imperatrice Hé mandò a chiamare Hé Jìn per raccontargli ciò che era accaduto.
Appena fuori, Hé Jìn convocò i tre ministri più importanti. In una riunione svoltasi all’alba fece loro redigere una nota indirizzata all’imperatore in cui si constatava che l’imperatrice madre Dŏng, essendo stata moglie di un nobile di basso rango, non aveva il diritto di risiedere stabilmente nel palazzo imperiale. Veniva quindi proposto di fissarle un termine per lasciare la capitale e ritirarsi nella sua residenza di Héjiān.
Simultaneamente furono inviate delle guardie a portar via l’imperatrice Dŏng e fu dato ordine alla guarnigione della capitale di circondare l’abitazione del comandante della cavalleria leggera Dŏng Chóng,
di arrestarlo e di confiscare il suo sigillo di funzione. Quando si rese conto di non avere scampo, Dŏng Chóng si suicidò nel salone del proprio palazzo. Le truppe si allontanarono solo quando la famiglia gli ebbe reso gli
onori funebri.
Allora Zhāng Ràng e Duàn Guī, vedendo che l’imperatrice Dŏng aveva perso la partita, cercarono la protezione del fratello minore di Hé Jìn, Hé Miáo, e di sua madre, la signora di Wŭyán, inviando loro preziosi doni d’oro e di perle. Hé Miáo e sua madre si impegnarono a visitare l’imperatrice Hé e ad intercedere presso di lei perché perdonasse gli eunuchi. In questo modo, i Dieci Assistenti Ordinari riuscirono ancora una volta a salvarsi.
XXVIII. Nel sesto mese lunare, Hé Jìn fece segretamente avvelenare l’imperatrice Dŏng nella sua villa di
Héjiān. Il corpo dell’imperatrice fu riportato nella capitale e seppellito nel mausoleo imperiale di Wénlíng. Jìn si finse malato e non partecipò al funerale.
Il capitano Yuán Shào andò a fargli visita e gli disse: “ Zhāng Ràng e Duàn Guī vanno raccontando in giro
che Vostra Eccellenza ha fatto avvelenare l’imperatrice Dŏng e che sta progettando ancora di peggio. Se non li uccidiamo ora, andremo sicuramente incontro ad un disastro. Dòu Wŭ voleva sterminarli, ma il suo piano fu
scoperto e fu lui ad essere giustiziato. Voi, ora, potete contare sull’appoggio di un gruppo di militari e di civili che sono tutti persone fidate e capaci. Se vi date da fare, possiamo prendere il controllo della situazione. Non si può sprecare questo momento in cui il destino ci è favorevole”.
Jìn gli rispose: “Forse sarebbe meglio parlarne ancora”.
Uno dei suoi domestici riferì di nascosto la conversazione a Zhāng Ràng, il quale si rivolse, con i suoi amici a Hé Miáo per chiedergli aiuto, portando ulteriori doni. Miáo chiese udienza all’imperatrice Hé e le disse: “Il comandante in capo ha contribuito a proclamare il nuovo imperatore, ma ora si sta dimostrando inumano e sanguinario, visto che vuole uccidere, senza alcuna valida ragione, i Dieci Assistenti Ordinari . Ciò non può creare altro che rivolta e disordine” L’imperatrice fu colpita da queste parole.
XXIX.- Qualche tempo dopo, Hé Jìn si recò dall’imperatrice Hé per comunicarle la sua intenzione di far giustiziare gli eunuchi, ma l’imperatrice obiettò: “ Da tempo immemorabile la dinastia Hàn ha affidato agli eunuchi la gestione interna della Corte. Il defunto imperatore ha appena lasciato questo mondo e tu già vuoi far uccidere i suoi vecchi e devoti servitori. Questo comportamento non mostra molto rispetto per gli
antenati”.
Jìn non era, tutto sommato, un uomo di molto carattere. Ascoltò le parole dell’imperatrice, si lasciò convincere e prese congedo.
Uscendo, incontrò Yuán Shào, che gli domandò: “Allora, come va con i nostri grandi progetti?”.
“L’imperatrice madre non è d’accordo.”gli rispose Jìn “ Che cosa si può fare?”.
Shào propose: “È possibile far affluire alla capitale bravi soldati da tutte le regioni con l’ordine segreto di uccidere gli eunuchi. A questo punto sarà impossibile non agire ed anche l’imperatrice madre sarà costretta ad acconsentire”.
“È un ottimo piano” osservò Jìn e inviò messaggeri in ogni città con l’ordine alle truppe che vi stazionavano di
confluire sulla capitale.
XXX. L’archivista principale Chén Lín manifestò il proprio disaccordo: “Non si può fare una cosa del genere.
Come dice il proverbio ‘non si possono cacciare i fringuelli con gli occhi bendati’, cioè farsi danno da soli. Come può chi non è capace di imporsi nelle piccole cose far prevalere la propria volontà nella grande politica?.
Generale, ora voi fate conto sul potere della casa imperiale e sulla forza dell’esercito per far paura ai vostri oppositori e per far prevalere la vostra volontà. Per una piccola cosa come la liquidazione degli eunuchi voi fate ricorso a mezzi spropositati, quando basterebbe un’azione rapida e decisa. Gli dei favoriscono gli uomini d’azione. Voi, invece, avete chiesto l’aiuto dei capi militari che stanno affluendo verso la capitale con dubbie intenzioni e state mettendo insieme troppi generali, uno più ambizioso dell’altro. È come se voi steste porgendo ad altri l’elsa della vostra spada, come se steste rinunciando alla vostra autorità. Se rinunciate alla vostra autorità, non solo non riuscirete nella vostra impresa, ma creerete il caos”.
Jìn rise e gli rispose: “Questo è il punto di vista di uno che ha paura di tutto”.
Un uomo che si trovava accanto a loro applaudì, ridendo rumorosamente, ed esclamò: “È una cosa facile
come girare il palmo della mano. Che bisogno c’è di discuterne tanto?”.
Si voltarono verso di lui: Era Cáo Cāo.
.
Alla situazione si adattavano veramente i proverbi “Quando manca il gatto, i topi ballano” e“Nel governare si deve prestare ascolto al consiglio dei saggi”.
Vi domandate che cosa intendesse dire Cáo Cāo ? Continuate a leggere e lo saprete.
NOTE
(1) Xiàng Yū 項 羽 (232 a.C - 202 a.C.) guidò le forze ribelli di Chū contro le truppe dell’impero Qín e, dopo aver annientato i Qín, si proclamòSovrano Egemone del Regno Occidentale di Chū. Fu sconfitto ed ucciso
nel 202 a.C. da Liú Bàng 劉 邦, il fondatore della dinastia Hàn, conosciuto in seguito come l’Imperatore Gāozŭ.
2. Sūn Wŭzĭ 孫 武 子, meglio conosciuto come Sūn Zĭ ( c.544 a.C - c.496 d.C.) è l’autore del famoso trattato di strategia intitolato “L’Arte della Guerra” ( "sūnzĭ bīngfā" 孫 子 兵 法 ).
3. Liū Huī 劉 徽 è il nome di un famoso matematico di cui si sa soltanto che visse nel Regno di Cáo Wéi.
Non vi è quindi alcun elemento che attesti un qualsiasi rapporto di Liú Huī con Liú Bèi.
4. Il principe Biàn 辯 regnò per pochi mesi dal maggio al settembre del 189 d.C.
5. L’imperatrice Lǚ Hòu 呂后, vedova di Liú Bàng, tenne il potere effettivo durante parecchi anni,
governando col terrore e favorendo sfacciatamente la propria famiglia d’origine, che, alla sua morte, nel 180 a.C, fu interamente massacrata.
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