Capitolo 3
Dōng Zhuó litiga con Dīng Yuán nel giardino di Wénmíng.
Lĭ Sù prende contatto con Lǚ Bù offrendogli denaro e gioielli.
I. Torniamo ora a Cáo Cāo che, quel giorno, disse a Hé Jìn:”Gli eunuchi sono sempre stati una disgrazia fin dai tempi antichi, ma è troppo facile per chi governa attribuire solo al loro potere ed alla loro influenza la situazione in cui ci troviamo. Se vuoi punire i malfattori, dovresti colpire il male alla radice, ma, per agire, è
sufficiente ricorrere ai gendarmi, non c’è alcun bisogno di far affluire truppe dalle province. Se, invece, vuoi far uccidere tutti gli eunuchi, la faccenda assumerà senz’altro grandi proporzioni e posso assicurarti che
l’impresa finirà male”.
Hé Jìn gli rispose con rabbia: “ Sembra quasi che tu abbia un interesse personale in questa storia, Mèngdé”. (1)
Cāo si ritirò mormorando: “In questo modo, finirà per creare il caos nell’impero”.
In seguito, Hé Jìn inviò discretamente dei messaggeri con istruzioni segrete da consegnare con urgenza ai comandanti militari di ogni città.
II. Parliamo ora dell’ex generale Dŏng Zhuó, marchese di Táixiāng e governatore della provincia di Xīliáng.
Costui, pur essendosi dimostrato incapace di affrontare con successo i Turbanti Gialli, aveva evitato punizioni da parte della Corte corrompendo i Dieci Assistenti Ordinari e se l’era cavata senza danni. In seguito, si era di
nuovo procurato il favore di qualche autorevole dignitario ed era stato nominato ad una carica importante. Ora comandava un’armata di duecentomila uomini nella regione di Xīzhōu, ma ciò non toglieva che fosse rimasto l’uomo infido e sleale che era sempre stato. Quando ricevette le istruzioni segrete inviategli da Hé Jìn se ne rallegrò grandemente e, riuniti in fretta i contingenti di fanteria e di cavalleria posti ai suoi ordini, li fece
avanzare a marce forzate verso la capitale. Incaricò suo genero, il comandante della guardia imperiale Niú Fŭ, di restare a difendere lo Shănxī e lui stesso, accompagnato da Lĭ Jué, Guō Sì, Zhāng Jì e Fán Chóu, guidò le truppe in direzione di Luòyáng.
Il consigliere Lĭ Rú, altro genero di Zhuó, osservò: “ Gli ordini che ci sono stati trasmessi sono molto vaghi. Perché non inviamo qualcuno a pregare l’imperatore di spiegarceli chiaramente in modo da poter compiere azioni importanti?”.
Zhuó accolse con favore il suggerimento e spedì alla Corte un messaggio che era pressappoco del seguente
tenore:
III.” Siamo stati segretamente informati che la causa del disordine di cui soffre l’impero consiste nel fatto che gli assistenti personali dell’imperatore, cioè Zhāng Ràng e gli altri eunuchi, hanno sovvertito la gerarchia naturale dei rapporti umani. Come dice il proverbio,se non si vuole che la zuppa scotti, occorre togliere la legna da sotto la pentola. Incidere un ascesso è doloroso, ma è meglio che lasciarlo suppurare. Noi stiamo marciando su Luòyáng al suono dei gong e dei tamburi, ben intenzionati a liquidare Ràng ed i suoi compagni. Viva la Nazione! Viva l’Impero!”.
IV. Appena ricevuto questo proclama, Hé Jìn lo mostrò ai ministri ed agli altri dignitari.
Il vicesupervisore Zhèng Tài lo ammonì: “Dŏng Zhuó è un uomo senza scrupoli. Fatelo entrare nella capitale
e vedrete che ci divorerà”.Jìn gli rispose: “ Tu hai troppe paure e non sei capace di vedere le cose in grande”.
Anche Lú Zhí si mostrò perplesso: “Ho imparato a conoscere bene il carattere di Dŏng Zhuó: è un lupo travestito da agnello. Se lo lascerete entrare nella città proibita, andremo incontro ad un sicuro disastro. Se non vogliamo che nascano disordini, sarebbe meglio fermarlo prima che entri nella capitale”.
V. Poiché Hé Jìn non li ascoltava, Zhèng Tài e Lú Zhí si dimisero dalle loro cariche e lasciarono il palazzo. La
maggior parte dei ministri e degli alti dignitari li seguirono.
Hé Jìn inviò un proprio emissario ad incontrare Dŏng Zhuó, che fece provvisoriamente sostare le proprie
truppe nella contea di Miănchí.
Zhāng Ràng e gli altri eunuchi vennero a conoscenza dell’arrivo delle truppe dalla provincia e si riunirono per esaminare la situazione. “Questo è un intrigo di Hé Jìn” dissero “ Se non ci muoviamo per primi, siamo tutti
morti”.
Ordinarono perciò subito a cinquanta uomini armati di nascondersi presso la Porta della Virtù Risplendente nel Palazzo di Chánglè e poi chiesero udienza all’imperatrice madre Hé, alla quale dissero: “Il comandante supremo ha ora contraffatto un editto imperiale per comandare alle truppe di stanza nelle province di marciare sulla capitale. Egli vuole sterminare i vostri servi. Abbiate pietà di noi, Maestà, e salvateci”.
L’imperatrice madre disse loro: “ Presentatevi alla residenza del comandante supremo e chiedete perdono delle vostre colpe”.
“Se andiamo da lui,” obiettò Ràng “ ci farà tagliare la testa. Noi vorremmo che Vostra Maestà convocasse il
comandante supremo qui a palazzo e lo convincesse a desistere dai suoi propositi. Se non cederà, non ci resterà altro che invocare dalla Maestà Vostra di essere messi a morte”.
VI. L’imperatrice madre convocò Hé Jìn alla propria presenza.
Ricevuta la convocazione, Hé Jìn stava per avviarsi quando il capo archivista Chén Lín lo sconsigliò: “Dietro l’invito dell’imperatrice madre si nasconde certamente una trappola dei Dieci Assistenti Ordinari. Vi uccideranno. Non andateci. Se ci andrete, sarà la vostra fine”.
Yuán Shào aggiunse:“Qualcuno ci ha già traditi. È evidente che si tratta di un agguato. Generale, intendete veramente recarvi al palazzo?”.
Cáo Cāo propose: “Fate sapere ai Dieci Assistenti Ordinari che, quando arriverete dinanzi al palazzo, desiderate che escano tutti quanti fuori ad accogliervi”.
Hé Jìn si mise a ridere: “Questi sono timori degni di un bambino. Io sono la più alta autorità dell’impero. Che cosa potrebbero osare nei miei confronti i Dieci Assistenti Ordinari?”.
Shào disse: “Se volete veramente andare, noi vi scorteremo con un battaglione di soldati bene armati per evitare qualsiasi imprevisto”.
VII. Yuán Shào e Cáo Cāo riunirono ciascuno cinquecento soldati scelti, che posero agli ordini del fratello minore di Yuán Shào, Yuán Shù. Questi indossò un’armatura che gli copriva tutto il corpo e schierò i suoi uomini di fronte alla Porta Verde delle Catene . Shào e Cāo cinsero le loro spade ed accompagnarono Hé
Jìn fino alla porta del palazzo di Chánglè.
Gli eunuchi fecero consegnare a Hé Jìn un messaggio dell’imperatrice redatto in questi termini: “L’invito
dell’imperatrice è indirizzato unicamente al comandante supremo. Nessuno è autorizzato ad accompagnarlo”.
Il generale Yuán Shào, Cáo Cāo e tutti gli altri furono costretti a fermarsi dinanzi alla porta del palazzo.
Hé Jìn entrò da solo con passo fermo e deciso.
Quando arrivò nella Sala della Virtù Risplendente gli si fecero incontro Zhāng Ràng e Duàn Guī, mentre gli altri lo circondavano. Con sua grande sorpresa, si sentì apostrofare da Zhāng Ràng: “ Che colpa ha commesso l’imperatrice madre Dŏng per essere avvelenata a tradimento? Ti sei addirittura finto malato per non assistere ai suoi funerali. Eri solo un plebeo, proveniente da una famiglia di macellai e di tavernieri. Siamo noi che
ti abbiamo raccomandato al Figlio del Cielo, procurandoti ricchezze ed onori, e tu, invece di esserci riconoscente, hai complottato contro di noi. Tu dici che siamo sporchi e corrotti, ma credi davvero di essere
puro?”.
Jìn ebbe paura e si guardò intorno per cercare un’uscita, ma tutte le porte del palazzo erano sbarrate. Gli uomini armati saltarono fuori tutti insieme dai loro nascondigli e gli tagliarono la testa.
I posteri composero il seguente lamento:
VIII. “ La casa degli Hàn era in pericolo ed i suoi giorni volgevano al termine.
Hé Jìn era un inetto eppure aveva concentrato in sé le più alte funzioni
Quante volte trascurò i consigli e le raccomandazioni dei fedeli ministri.
C’è da stupirsi se a palazzo finì per imbattersi nella punta di una spada”?
IX. Così Ràng ed i suoi complici uccisero Hé Jìn.
Dopo parecchio tempo, Yuán Shào, vedendo che Hé Jìn non usciva dal palazzo, urlò dall’esterno dinanzi al portone: “Il generale è pregato di risalire sulla sua carrozza”.
Allora Ràng ed i suoi presero la testa mozzata del generale Hé Jìn e la scagliarono giù dalle mura del palazzo
proclamando: “Hé Jìn progettava un colpo di stato ed è stato giustiziato per il suo crimine. Coloro che hanno dovuto obbedire ai suoi ordini beneficeranno tutti di un’amnistia”.
Yuán Shào replicò duramente ad alta voce: “ Gli eunuchi hanno assassinato il ministro. Avanti! Aiutatemi a
distruggere questa banda di criminali.”
Wú Kuāng, uno degli ufficiali che erano stati agli ordini di Hé Jìn, appiccò il fuoco alla Porta Verde delle Catene.
Yuán Shù guidò le sue truppe all’assalto.
Penetrati all’interno, massacrarono tutti gli eunuchi che trovarono, senza distinguere se si trattasse di persone con cariche importanti o di modesti servitori.
Anche Yuán Shào e Cáo Cāo irruppero combattendo all’interno del palazzo.
Zhào Zhōng, Chéng Kuàng, Xià Yùn e Guō Shèng , che cercavano di fuggire, furono fatti a pezzi dai loro inseguitori dinanzi al palazzo di Cuìhuā.
Dall’interno del palazzo imperiale le fiamme si levarono fino al cielo.
Zhāng Ràng, Duàn Guī, Cáo Jié e Hóu Lăn costrinsero l’imperatrice madre, il giovane imperatore ed il principe
di Chénliú a lasciare i loro appartamenti privati ed a seguirli, attraverso un passaggio segreto, fino al Palazzo del Nord.
X. Lú Zhí si era dimesso dalle sue funzioni, ma non si era ancora allontanato dal palazzo. Quando s’accorse che c’era tumulto all’interno del palazzo, indossò la corrazza ed afferrò le armi. Poi uscì e si mise in attesa dinanzi ad un padiglione.
Vedendo di lontano Duàn Gui che trascinava a forza con sé l’imperatrice Hé, gli urlò: “Duàn Guī! Traditore! Come osi far violenza all’imperatrice?”.
Duàn Guī si voltò e fuggì immediatamente. L’imperatrice cercò di uscir fuori scavalcando l’apertura
di una finestra e Lú Zhí corse subito ad aiutarla.
Wú Kuāng si aprì la via combattendo fino alla residenza imperiale dove si imbatté in Hé Miáo, anche lui
armato di spada. Wú Kuāng urlò: “Hé Miáo si è reso complice dell’assassinio di suo fratello. Uccidiamolo!”. Tutti risposero: “Uccidiamo questo traditore che ha lasciato assassinare il proprio fratello!”. Hé Miáo tentò di fuggire, ma venne circondato, senza vie di scampo, e fu massacrato.
In seguito, Shào ordinò ai suoi soldati di dividersi in gruppi e di andare alla ricerca dei familiari dei Dieci
Assistenti Ordinari che furono sterminati tutti quanti senza distinguere tra chi esercitava funzioni importanti e chi svolgeva compiti modesti. Nella confusione furono uccisi anche molte donne e molti bambini.
Mentre si dava da fare per spegnere gli incendi all’interno del palazzo, Cáo Cāo ne approfittò per chiedere all’imperatrice Hé di affidargli la responsabilità del governo. Poi spedì i suoi soldati all’inseguimento di Zhāng Ràng e dei suoi complici, che erano fuggiti portando con sé il giovane imperatore.
XI. Nel frattempo Zhāng Ràng e Duàn Guī, aprendosi la via tra le fiamme ed il fumo degli incendi, erano
riusciti ad allontanarsi, trascinando con sé il giovane imperatore ed il principe di Chénliú e con una fuga precipitosa erano riusciti a rifugiarsi sul Monte Bĕimáng.
Verso la mezzanotte , sentirono alle loro spalle grida e tumulto. Erano i loro inseguitori, che stavano arrivando a cavallo, guidati da Mĭn Gòng, governatore aggiunto del Húnán centrale, il quale urlava:”Fermatevi, traditori!”.
Resosi conto di non avere più scampo, Zhāng Ràng si gettò nel fiume e morì.
L’imperatore ed il principe di Chénliú, che non capivano che cosa stesse succedendo, rimasero ben zitti per non attirare l’attenzione e si nascosero tra il groviglio di erbe e canne che cresceva sulla riva del fiume. I cavalieri si misero a cercare da tutte le parti perché nessuno sapeva dove si trovasse l’imperatore.
XII. L’imperatore ed il principe rimasero nascosti fino alle due di notte. Affamati, intrisi di rugiada, si tenevano stretti l’uno contro l’altro e piangevano, ma non osavano farsi sentire. Perciò, reprimevano i loro singhiozzi e continuavano a stare nascosti fra i cespugli.
Infine, il principe di Chénliú disse:”Non possiamo più restare qui. Dobbiamo cercare un sentiero per andarcene
via”.
Perciò legarono insieme i lembi dei loro abiti e si arrampicarono su per la riva del fiume. La zona era piena di
cespugli spinosi e, nel buio, i due ragazzi non riuscivano a scorgere alcun sentiero
Proprio quando non sapevano più cosa fare, apparve uno sciame di lucciole che illuminarono i dintorni, volando soltanto davanti all’imperatore. Il principe di Chénliú osservò: “È il Cielo che ti sta aiutando, fratello”. Andarono avanti, seguendo il chiarore delle lucciole, finché non trovarono un sentiero.
Camminarono fin verso le cinque del mattino, finché i piedi non fecero loro troppo male per continuare.
A quel punto, videro un pagliaio ai piedi di una collinetta e si coricarono dietro al pagliaio che era stato eretto
di fronte ad una fattoria.
Quella notte il padrone della fattoria si svegliò d’improvviso dopo aver sognato che due soli purpurei erano tramontati dietro casa sua. Si vestì, uscì di casa e fece un giro intorno alla fattoria. Vide che da dietro il pagliaio si levava una luce rossastra, corse a dare un’occhiata e trovò i due ragazzi rannicchiati ai piedi del pagliaio.
XIII. Il padrone della fattoria domandò: “Voi due ragazzi, chi siete?”.
L’imperatore non osava rispondere, ma il principe di Chénliú , additandolo, disse: “Lui è il nuovo imperatore. È riuscito a sfuggire ai disordini provocati dai Dieci Assistenti Ordinari ed a giungere fin qui. Io sono suo fratello minore, il principe di Chénliú”.
Il padrone della fattoria fu stupefatto nel sentire queste parole. Si inchinò e disse: “Io sono Cuī Yì, fratello minore di Cuī Liè, che è stato uno dei principali ministri alla Corte del precedente imperatore. I Dieci Assistenti Ordinari, gelosi delle sue qualità, hanno intrigato per far affidare il suo posto ad un loro protetto e, di conseguenza, noi siamo venuti a rifugiarci qui. Poi, fece entrare l’imperatore nella fattoria e, in ginocchio, gli portò cibo e bevande.
XIV. Ritorniamo ora a Mĭn Gòng, che nel frattempo aveva raggiunto Duàn Guī.
“Dov’è il Figlio del Cielo?” gli domandò. Quello rispose: “ Ci siamo persi di vista durante la fuga. Non so dove
sia”.
Allora Mĭn Gòng uccise Duàn Guī e ne appese la testa al collo del proprio cavallo, poi sparpagliò i suoi soldati
in tutte le direzioni alla ricerca dell’imperatore. Egli stesso montò di nuovo a cavallo e ripartì da solo in cerca dell’imperatore.
Quando arrivò alla fattoria di Cuī Yì, questi vide la testa mozza e gli domandò che cosa fosse successo. Gòng glielò spiegò dettagliatamente e Cuī Yì lo condusse alla presenza dell’imperatore. Sovrano e suddito piansero commossi nell’incontrarsi.
Gòng disse: “Il Paese non può rimanere un sol giorno senza il suo Signore. Imploro Vostra Maestà di ritornare alla capitale”.
Nella fattoria di Cuī Yì c’era solo un vecchio ronzino malandato, che fu sellato per l’imperatore, mentre Gòng prese il principe di Chénliú sul proprio cavallo.
Dopo aver lasciato la fattoria, non avevano ancora percorso due chilometri quando incontrarono un folto gruppo di cavalieri che recavano con sé la carrozza imperiale. Si trovavano fra costoro il primo ministro Wáng Yún, il comandante in capo dell’esercito Yáng Biāo, il comandante della divisione di sinistra Chúnyú Qióng, il comandante della divisione di destra Zhào Méng, il comandante della retroguardia Bào Xìn ed il comandante della divisione centrale Yuán Shào .
L’incontro fra l’imperatore ed i suoi sudditi fu commovente. Fu mandato avanti un messaggero con l’ordine di esporre la testa di Duàn Guī nella piazza più importante della capitale. All’imperatore ed al principe di Chénliú
furono subito offerti altri cavalli affinché potessero cavalcare in modo più consono alla loro dignità.
Poi ritornarono tutti alla capitale.
A Luòyáng, i monelli avevano già cominciato a cantare per le strade:
“ L’imperatore è ancora imperatore? Chi lo sa? Il principe è ancora principe? Chi lo sa?
Con cavalli e carrozze son fuggiti a rotta di collo verso il monte Bĕimáng”.
Questa canzoncina riassumeva perfettamente la situazione.
XV. La carrozza imperiale aveva appena percorso una breve distanza quando si vide improvvisamente sventolare una foresta di bandiere e di stendardi, mentre un folto gruppo di cavalieri si avvicinava al galoppo sollevando nuvole di polvere.
Tutti i dignitari impallidirono ed anche l’imperatore fu come paralizzato dalla sorpresa.
Yuán Shào galoppò incontro ai sopravvenuti e domandò loro chi fossero.
Un generale uscì fuori dalla selva di bandiere e domandò a sua volta con arroganza:”Dov’è il Figlio del Cielo?”.
L’imperatore tremava di paura e non era più capace di parlare.
Allora, il principe di Chénliú spinse avanti il proprio cavallo e chiese con voce alta e chiara: “Chi viene dinanzi a
noi?”.
Zhuó rispose:“Sono Dōng Zhuó, il governatore della provincia di Xīliáng”.
Il principe di Chénliú ribattè: “ Siete venuto a scortare la carrozza imperiale o avete intenzione di far prigioniero l’imperatore?”.
Zhuó rispose:“ Sono venuto nel preciso intento di proteggere l’imperatore”.
“Se siete venuto per proteggere l’imperatore, ora siete di fronte all’imperatore” replicò il principe di
Chénliú”che cosa aspettate per smontare dal cavallo?”.
Zhuó fu sorpreso dalla fermezza del giovane principe e smontò in fretta dal cavallo, poi si prostrò sul lato
sinistro della strada. Il principe di Chénliú continuò a lungo a parlare con Dŏng Zhuó , mostrando dall’inizio alla fine un contegno sicuro ed un bell’eloquio. Zhuó ne fu particolarmente colpito e cominciò da quel momento ad accarezzare l’idea di costringere l’imperatore ad abdicare in favore del principe.
XVI. Lo stesso giorno ritornarono alla capitale e rividero l’imperatrice madre Hé. Tutti quanti scoppiarono in
pianto.
Malgrado accurate ricerche in tutto il palazzo, non si riuscì più a trovare il Gran Sigillo Imperiale.
Dōng Zhuó, che aveva fatto accampare le proprie truppe fuori città, conduceva ogni giorno nella capitale la sua cavalleria pesante e la faceva galoppare per le strade seminando il disordine e terrorizzando la popolazione.
Zhuó entrava ed usciva dal palazzo a suo piacimento.
Il comandante della retroguardia, Bào Xìn, andò a trovare Yuán Shào e gli fece presente che Dŏng Zhuó stava di certo ordendo qualche intrigo e che sarebbe stato opportuno togliergli subito la possibilità di nuocere.
Shào gli rispose: “L’imperatore ha appena ripreso la propria autorità.Non possiamo compiere mosse avventate”.
Allora Bào Xìn andò a trovare Wáng Yún per dirgli le stesse cose, ma Yún gli rispose che sarebbe stato meglio
discuterne ancora.
A questo punto, Xìn decise di condurre personalmente la maggior parte dell’esercito verso il Tàishān.
XVII. Dŏng Zhuó riunì i soldati che erano stati agli ordini del fratello di Hé Jìn e ne assunse il comando. In una conversazione privata, confidò a Lĭ Rú:“Ho intenzione di deporre l’imperatore e di sostituirlo con il principe di Chénliú. Che ne pensi?”.
Lĭ Rú rispose:“In questo momento la Corte è priva di un vero capo. Se non agisci ora, l’occasione propizia non si presenterà più”. Domani, convoca tutti i dignitari nel Giardino della Luce e del Calore e dichiara destituito l’imperatore. Fa’giustiziare chiunque si opponga. Se farai questo, diventerai istantaneamente l’uomo più potente del paese”.
XVIII. Dŏng Zhuó fu contentissimo di questo consiglio ed il giorno seguente organizzò un grande ricevimento al quale invitò tutti i ministri ed i più alti funzionari.
I ministri avevano tutti paura di Dŏng Zhuó. Chi avrebbe osato non accettare l’invito?
Zhuó attese che tutti fossero arrivati, poi scese discretamente da cavallo all’ingresso del giardino ed andò a sedersi in mezzo a loro, con la spada al fianco.
Dopo parecchi brindisi, Zhuó ordinò di non versare più vino e di far tacere la musica, poi annunciò con voce stentorea: “Ho qualcosa da dirvi. Ascoltatemi tutti attentamente”.
Tutti tacquero e si misero in ascolto.
Zhuó disse: “Il Figlio del Cielo è il sovrano di tutta la nazione e non può esercitare le sue supreme funzioni se non possiede il prestigio e la dignità che sono indispensabili a tal fine. L’attuale imperatore è di carattere debole e pauroso. Non può competere con il principe di Chénliú che è intelligente e rapido nell’apprendere e che ha tutte le doti necessarie per svolgere un ruolo di primaria importanza. Intendo perciò deporre l’imperatore e sostituirlo con il principe di Chénliú. Qual è l’opinione dei ministri e degli alti dignitari?”.
Tutti lo ascoltavano in silenzio, senza che nessuno osasse dire una parola.
Uno solo dei presenti spinse da parte il tavolino che gli stava di fronte e si alzò in piedi, ritto di fronte a tutti,
urlando: ”Non potete farlo! Non potete farlo! Chi siete voi per parlare con tanta arroganza? Il Figlio del Cielo è il figlio della moglie legittima del defunto imperatore, non di una concubina, e finora non ha compiuto errori. Come vi è venuta in mente questa assurda idea di deporlo? Intendete forse attuare un colpo di Stato?”.
Zhuó lo guardò in faccia e lo riconobbe. Era Dīng Yuán , governatore della provincia di Jīngzhōu. Gli rispose con rabbia: “Chi mi obbedisce vivrà, chi mi si oppone morirà” ed estrasse la spada dal fodero, deciso ad ucciderlo.
XIX. In quel momento Lĭ Rú scorse alle spalle di Dīng Yuán un uomo di nobile aspetto e di impressionante corporatura che teneva in mano un’alabarda del tipo detto”alabarda celeste” e che si guardava intorno con aria feroce.
Lĭ Rú si interpose allora in gran fretta tra quell’uomo e Dōng Zhuó, dicendo: “Non dobbiamo parlare di politica proprio ora nel bel mezzo di un ricevimento. Avremo sempre tempo di discuterne domani nel salone delle riunioni ufficiali.
Tutti i presenti consigliarono a Dīng Yuán di saltare subito a cavallo e di eclissarsi.
Zhuó domandò allora a tutti i ministri: “Ho detto cose sensate o no?”.
Lú Zhí gli rispose: “ Vostra Eccellenza si inganna. Nei tempi antichi, Tài Jiă si mostrò inetto e Yī Yĭn lo obbligò a ritirarsi nel Palazzo delle Pawlonie. Il principe di Chāngyí fu deposto dal suo primo ministro Huò Guāng con una solenne cerimonia svoltasi nel tempio ancestrale degli imperatori perché, in soli ventisette giorni di regno, aveva compiuto un’infinità di eccessi. Ma ora, l’attuale imperatore, pur essendo ancora un ragazzo, s’è dimostrato capace, intelligente e generoso. Inoltre, non ha mai compiuto alcun passo falso. Voi siete un governatore di provincia e non avete mai partecipato alle decisioni del governo centrale. Per di più, non avete le capacità di Yī e non avete dimostrato di possedere il talento di Huò. Come potete pensare di imporre la vostra volontà e di deporre l’imperatore? Un saggio ha detto: “ Se hai la forza di volontà di Yī Yĭn puoi farlo, se non ce l’hai non sarai altro che un ribelle e un usurpatore”. (3)
XX. Zhuo si infuriò e si lanciò avanti con la spada sguainata per uccidere Lú Zhí , ma il consigliere di Stato Péng Bó lo trattenne dicendogli: “Il segretario di Stato Lú Zhí è molto stimato dal popolo. Se lo uccidete, temo che ci saranno disordini in tutto l’impero”.
Allora Zhuó si fermò.
Il primo ministro Wáng Yún intervenne con queste parole: “Un problema serio come la deposizione di un imperatore non è cosa che si possa discutere dopo aver abbondantemente bevuto. Riparliamone un altro giorno”.
A quel punto, tutti i dignitari cominciarono ad allontanarsi ,mentre Zhuó stava in piedi presso il cancello del
giardino con la spada in pugno.
Improvvisamente vide una persona a cavallo, con un’alabarda in mano, che galoppava su e giù dinanzi al
cancello.
Zhuó domandò a Lĭ Rú: “Chi è questo individuo?”.
Rú gli rispose:“È il figlio adottivo di Dīng Yuán , Lǚ Bù . Il suo nome di cortesia è Fèngxiān. Vostra Eccellenza dovrebbe cercare di stargli lontano”.
Allora Zhuó rientrò nel giardino, per non farsi vedere.
XXI. Il giorno successivo, si venne a sapere che Dīng Yuán aveva schierato le truppe dinanzi alle mura della
capitale sfidando a battaglia i suoi avversari.
Zhuó, infuriato, uscì dalla città, insieme a Lĭ Rú, per affrontarlo con il proprio esercito.
Le due armate assunsero la formazione di battaglia, ma gli occhi di tutti erano puntati su Lǚ Bù, che portava un copricapo di fili d’oro e di seta intrecciati tra di loro, dai cui lati spuntavano due lunghe penne di fagiano. Indossava una tunica multicolore sotto l’armatura di pelle di“tángní”. (2) La sua cintura era adorna di gioielli e
decorata con immagini di leoni e di re barbari. Galoppava eretto con in mano la sua alabarda dalle lame a falce di luna, accompagnando Dīng Yuán nell’ispezione delle truppe schierate.
Yuán additò Dŏng Zhuó e gli urlò: “Le disgrazie del nostro paese sono il frutto degli abusi degli eunuchi, che
hanno fatto soffrire il popolo. E tu, che sei sempre stato un buono a niente, come osi cianciare di deporre l’imperatore? Ciò che tu vuoi è solo provocare il caos”.
XXII. Prima che Dŏng Zhuó potesse rispondere, Lǚ Bù gli si lanciò contro al gran galoppo, deciso ad ucciderlo.
Dŏng Zhuó fu colto dal panico e fuggì a precipizio.
Yuán approfittò di quel momento di confusione per guidare le sue truppe all’attacco ed i soldati di Dŏng
Zhuó, sbaragliati, si ritirarono per più di quindici chilometri prima di fermarsi.
Dopo la battaglia, Dŏng Zhuó riunì il suo stato maggiore e disse: “Devo riconoscere che Lǚ Bù è uno straordinario combattente. Se potessi trascinarlo dalla mia parte, non avrei più di che preoccuparmi.”
Un uomo che si trovava dinanzi alla tenda si fece avanti e disse: “ Vostra Eccellenza non deve preoccuparsi. Sono un compaesano di Lǚ Bù . So che è coraggioso, ma poco riflessivo, e che è disposto a dimenticare i grandi princìpi se gli viene offerto un vantaggio personale. Io ho una buona parlantina e sono convinto di
riuscire facilmente a fargli cambiar partito. Posso provarci?”.
XXIII. Zhuó fu soddisfattissimo della proposta di quest’uomo, nel quale riconobbe il capitano della guardia Lĭ
Sù.
“Come farai a persuaderlo?” gli domandò.
Sù gli rispose:“ Ho saputo che Vostra Eccellenza possiede un famoso stallone chiamato “Lepre Rossa”, che è
capace di percorrere in un giorno più di quattrocento chilometri. Per poter convincere Lǚ Bù ad unirsi a noi, dovrò poter disporre di questo cavallo, di denaro e di gioielli. Allora, gli presenterò la nostra proposta. Vedrete che Lǚ Bù abbandonerà Dīng Yuán e prenderà partito per Vostra Eccellenza”.
Zhuó chiese a Lĭ Rú: “Che te ne pare di questa proposta?”
“Un impero val bene un cavallo” gli rispose Lĭ Rú.
Zhuo offrì volentieri il cavallo, al quale aggiunse lingotti d’oro per un peso di circa 350 chilogrammi, 10 perle di grande brillantezza ed una cintura di giada.
XXIV. Lĭ Sù prese con sé i doni e si diresse verso l’accampamento di Lǚ Bù. Quando fu circondato dalle sentinelle che sorvegliavano le vie d’accesso, le pregò di informare subito il generale Lǚ Bù che un suo vecchio amico veniva a trovarlo.
I soldati trasmisero il messaggio e Lǚ Bù ordinò che il visitatore fosse accompagnato alla sua presenza.
Sù lo guardò in faccia e disse: “Mio stimato giovane amico, quanto sono contento di rivederti”.
Bù si inchinò e rispose: “È da molto tempo che non ci siamo più visti. Che cosa fai di bello?”.
Sù gli spiegò:“Sono capitano della guardia imperiale. Quando ho saputo che ti stavi dando da fare per il bene della nazione, ne ho provato un’immensa gioia. Possiedo un buon cavallo, capace di percorrere più di quattrocento chilometri in un sol giorno, di guadare i fiumi e di arrampicarsi sulle montagne come se fossero una pianura. Si chiama “Lepre Rossa”. Sono venuto da te col preciso scopo di regalartelo perché tu abbia
un cavallo degno di un grande guerriero”.
Bù volle vedere il cavallo ed ordinò che glielo portassero davanti. Come ci si poteva aspettare, il cavallo era di un color rosso acceso simile a quello della brace ardente, senza una sola macchia. Dalla testa alla coda misurava quasi tre metri e mezzo di lunghezza. Dallo zoccolo al garrese era alto circa un metro e ottanta. Nitriva con gran forza e, quando galoppava, sembrava che, da un momento all’altro, potesse prendere il volo e lanciarsi sull’oceano. In suo onore, fu composto più tardi il seguente poema:
XXV- “Galoppa duecento miglia, sollevando nugoli di polvere,
Guada i fiumi, scala le montagne,tra la nebbia vermiglia,
rompe con la sua foga le redini di seta, scuote il morso di giada.
Drago fiammeggiante si innalza fino ai confini del Nono Cielo”.
XXVI. Bù guardò il cavallo e fu estremamente contento del dono.
Nel ringraziare Sù, gli disse: “ Mi hai regalato un magnifico cavallo. Come farò a sdebitarmi?”.
Sù gli rispose:“Sono venuto a trovarti perché siamo vecchi amici. Non desidero nulla in cambio”. Bù fece portare del vino per il suo ospite e dopo un po’ Sù, leggermente alticcio, osservò:”Non ho occasione di vederti sovente a Corte, ma il tuo riverito padre ci viene spesso”.
Bù rispose:“Hai bevuto troppo, amico. Il mio amato padre è morto da parecchi anni. Non è possibile che tu l’abbia incontrato a Corte”.
“No!” precisò Su, ridendo “ Stavo semplicemente parlando del governatore provinciale Dīng”.
Bù rispose, con voce esitante: “ In realtà, sto con lui perché non ho per ora altre prospettive”.
Allora Sù gli disse: “ Tu sei un uomo di capacità eccezionali, ammirato in tutto l’impero. Per te fama, ricchezza ed onori sono a portata di mano, anzi li hai già in tasca. Come puoi affermare che devi rimanere al servizio di Dīng Yuán perché non hai altre possibilità di scelta?”.
Bù ammise:“Peccato che non abbia trovato un superiore meglio disposto a riconoscere le mie capacità”.
Sù si mise a ridere: “ Un uccello intelligente sa scegliere l’albero più adatto per il suo nido, una persona di
talento sa mettersi al servizio di chi è pronto a riconoscere le sue doti. Devi saper cogliere le buone occasioni al momento opportuno. Potresti pentirti di aver aspettato troppo”.
Bù gli domandò:“Tu, che sei in servizio alla Corte, sapresti indicarmi qualche personalità che si distingua
particolarmente?”.
“Conosco tutti i ministri ed ho avuto la possibilità di studiarne bene il carattere.” gli rispose Sù “ Sono in grado di affermare che nessuno di essi è paragonabile a Dŏng Zhuó. Lui sa davvero valutare gli uomini e riconoscere le persone di talento. È uno che premia e punisce secondo i meriti. Ritengo che sia destinato a fare grandi cose”.
Bù osservò: “Mi piacerebbe entrare al suo servizio. Peccato che non conosca nessuno che possa mettermi in contatto con lui”.
XXVII. A questo punto, Sù ordinò ai suoi domestici di tirar fuori l’oro, i gioielli e la cintura di giada e li fece disporre dinanzi a Lǚ Bù, che, stupito, gli domandò: “Che cosa stai facendo?”.
Sù ingiunse ai domestici di ritirarsi, poi confidò a Bù: “È da molto tempo che Sua Eccellenza Dŏng ammira le tue capacità ed è lui stesso che mi ha ordinato di offrirti questi doni. Anche lo stallone “Lepre Rossa “ è un regalo di Sua Eccellenza Dŏng”.
Bù domandò:“Che cosa potrò mai fare per sdebitarmi con Sua Eccellenza Dŏng di tanta generosità?”.
Sù gli rispose:“Guarda me. Io non sono un uomo di capacità eccezionali, eppure sono stato promosso capitano della guardia imperiale. Pensa tu quale straordinaria carriera potresti fare se passassi al suo servizio.”
Bù riflettè:“Sfortunatamente, non ho mai fatto nulla che possa valermi come titolo di merito presso Sua Eccellenza Dŏng.”
Sù azzardò un suggerimento: “ C’è una cosa che potresti fare subito e con facilità. Ma forse avrai degli scrupoli a farla”.
Bù mormorò a lungo, come se stesse cercando di convincere se stesso: “ Potrei uccidere Dīng Yuán e passare con le sue truppe al servizio di Dŏng Zhuó. Ciò potrebbe essere considerato un merito”.
Sù concluse:“Se tu ti risolvessi a farlo, sarebbe davvero una grande impresa. Ma deciditi subito: il tempo a disposizione è scarso”.
XXVIII. Quando Sù prese congedo da Bù, i due avevano ormai concordato che il giorno seguente Bù sarebbe passato a Dŏng Zhuó portandosi dietro le truppe di Dīng Yuán .
Quella stessa notte, durante il secondo turno di guardia, Bù penetrò nella tenda di Dīng Yuán con la spada sguainata.
Yuán, che stava leggendo qualcosa al lume di una candela, nel vederlo entrare gli domandò: “C`è qualcosa
che non va, figliuolo?”.
“Io sono un uomo di grandi capacità e di grandi qualità”gli rispose Bù “Che cosa ci guadagno ad essere tuo
figlio?”
“Fèngxiān ,come hai potuto tradirmi?” esclamò Yuán.
Bù si lanciò in avanti e, con un solo fendente, gli tagliò la testa,poi si mise ad urlare:“Sappiate tutti che
Dīng Yuán era un tiranno e che io l’ho appena ucciso. Chi vuole seguirmi rimanga qui; chi non vuole, se ne vada”.
La maggior parte dei soldati abbandonarono l’accampamento.
XXIX. Il giorno seguente, Bù prese la testa di Dīng Yuán e si recò da Lĭ Sù , che lo accompagnò da Dŏng Zhuó, il quale, molto soddisfatto di ciò che era avvenuto, lo accolse con grande cordialità. Fatto portare del vino per il suo ospite, si inchinò e gli disse: “Nell’accoglierti al mio servizio con il grado di ufficiale , mi sento come una pianticella assetata che sia appena stata bagnata da una generosa pioggia.”.
Sedendosi accanto a Zhuó, Bù lo salutò con queste parole: “Se Vostra Eccellenza è d’accordo, chiedo il
permesso di considerarvi d’ora in poi come un padre”.
Zhuó gli regalò un’armatura ed un abito di broccato , poi, dopo aver bevuto allegramente, si separarono.
Il potere di Zhuó divenne sempre più grande e ben presto egli fu nominato generale dell’avanguardia.
Suo fratello minore Dŏng Mín fu nominato generale dell’ala sinistra e ricevette il titolo di marchese
di Hù.
Lǚ Bù fu, dal canto suo, promosso capitano della cavalleria e capitano della guardia imperiale e gli fu conferito il titolo di marchese del distretto della capitale.
Lĭ Rú consigliò a Zhuó di porre rapidamente in atto i suoi piani per la deposizione dell’imperatore.
Allora Zhuó organizzò un grande ricevimento al quale invitò tutti i ministri, incaricando Lǚ Bù di assicurare il
servizio di guardia con più di mille uomini armati.
XXX. Il gran cancelliere Yuán Wĕi e tutti gli alti dignitari accettarono l’invito. Dopo numerosi brindisi, Zhuó
sfoderò la spada e proclamò: “ L’attuale imperatore è debole ed inetto e non è in grado di svolgere decorosamente decorosamente le funzioni di un sovrano. Ispirandomi agli esempi di Yī Yĭn e di Huò Guāng (3), io depongo perciò l’imperatore, che porterà d’ora in poi il titolo di principe di Hóngnóng, ed elevo, al suo posto, al trono imperiale il principe di Chénliú. Chiunque si opporrà a questa decisione sarà giustiziato”.
I ministri furono tutti atterriti da queste parole e non osarono sollevare obiezioni, ma Yuán Shào , comandante della divisione centrale, si alzò in piedi e disse: “ L’attuale imperatore è salito al trono da poco tempo e finora non c’è stato nulla da rimproverargli. Voi volete deporre il figlio di una imperatrice e sostituirlo con il figlio di una concubina. Se questo non è ribellione, che cosa altro può essere?”.
Zhuó replicò irosamente: “La politica dell’impero è nelle mie mani e non vedo chi possa osare di opporsi alle mie decisioni. Ti sembra che la mia spada non sia abbastanza affilata?”.
“La vostra spada è affilata, ma la mia lo è altrettanto” ribattè Yuán Shào , sguainando anche lui la spada.
I due si fronteggiavano sulle stuoie della sala del banchetto.
Abbiamo visto che Dīng Yuán difese la legittimità e fu il primo a rimetterci la testa. Ora, Yuán Shào
deve affrontare un duello e mettere in gioco vita e potere.
Si salverà? Continuate a leggere e lo saprete.
NOTE
(1) Hé Jìn accusa implicitamente Cáo Cāo di sostenere i Dieci Assistenti Ordinari, perché suo padre Cáo Sōng,
il cui cognome originario era Xiàhóu, era stato adottato dal principale assistente dell’imperatore Huán, Cáo Téng, che era un eunuco.
(2) Il “tángní” 唐 猊 era un animale misterioso, simile ad un leone, con la cui pelle, particolarmente spessa, venivano fabbricate le corazze più pregiate.
(3) Il primo ministro Yī Yīn 伊 尹 (XVI° secolo a.C.) mandò temporaneamente in esilio il re Tàijia太 甲 della dinastia Shāng 商 朝, che si era dimostrato incapace di governare correttamente. Il primo ministro Huò Guāng 霍 光 depose nel 74 a.C., dopo soli 28 giorni di regno, il nuovo imperatore Liú Hè 劉賀, che era stato principe di Chāngyí 昌邑 王, accusandolo di tenere un comportamento indegno di un sovrano.
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