La Piena d’Autunno
Era giunta la stagione delle grandi piogge autunnali e cento tributari riversavano le loro acque nel Fiume Giallo (1), il quale si gonfiò a tal punto che da una riva non era più possibile distinguere se un animale sull’altra riva fosse un bue o un cavallo.
Il Signore del Fiume (2) proruppe in una risata di gioia pensando di aver raccolto in sé tutta la bellezza del mondo.
Seguendo la corrente, scese verso est finché non giunse al Mare Settentrionale. (3)
Qui, tese lo sguardo verso oriente senza riuscire a scorgere dove la distesa delle acque avesse inizio.
Cominciò allora a volgersi intorno, scrutando l’oceano, come se cercasse Ruò (4), il Signore del Mare, e sospirò :“ Vale anche per me ciò che afferma il detto popolare:’ Ha ascoltato innumerevoli volte la verità , ma continua a ritenersi migliore degli altri.’(5) Un tempo, quando sentivo svalutare la saggezza di Confucio e tenere in poco conto la rettitudine di Bóyí, non riuscivo a crederci (6), ma ora che vedo questo mare infinito (7), capisco che, se non fossi giunto alla tua porta, avrei corso il rischio di essere perpetuamente deriso dai saggi.” (8)
“Non si può parlare del mare alle rane che stanno in fondo ad un pozzo.” gli rispose il Signore del Mare” perché l’angustia dello spazio in cui vivono limita la loro capacità di comprensione, non si può parlare dell’inverno agli insetti estivi perché nella loro esistenza vedono una sola stagione, non si può parlare della Via agli eruditi locali (9) perché sono condizionati dagli insegnamenti ricevuti, ma a te, che, dalla riva a cui sei giunto, ora contempli il vasto oceano e senti la tua mediocrità, a te, certo, si può parlare dell’ordine dell’universo. (10).
Le acque di tutto il mondo non basterebbero, da un canto, a riempire l’oceano anche se tutti i fiumi vi si riversassero insieme incessantemente, e, d’altro canto, pur tirandone via acqua senza sosta, non si riuscirebbe mai a svuotarlo. Autunno e primavera non hanno alcun effetto su di esso; inondazioni e siccità gli sono sconosciute.
Innumerevoli fiumi sfociano in me. (11), eppure non ne ho mai provato orgoglio, perché, comparandomi al cielo ed alla terra ed essendo sottoposto all’azione dei due princìpi (12) mi rendo conto di essere, in mezzo all’universo, come un sassolino, come una pianticella su una grande montagna. Consapevole della mia piccolezza, come potrei insuperbirmi? Se lo si paragona all’universo, l’intero mondo non assomiglia forse ad un nido di insetti in mezzo ad una palude? E la Cina, nel mondo, non assomiglia forse ad un chicco di riso in un granaio? L’universo è designato con l’espressione “le diecimila cose” e l’uomo non è che una di queste innumerevoli cose. Nelle Nove Province (13) si fa fatica a distinguere gli uomini in mezzo alle coltivazioni, in mezzo al traffico delle barche e dei carri. Di fronte all’universo l’uomo è come la punta di un pelo sul corpo di un cavallo. Ecco, in sostanza, che cos’è l’uomo, l’oggetto per cui si sono impegnati i Cinque Augusti, per cui hanno lottato i Tre Sovrani, per cui si sono preoccupati gli uomini compassionevoli e per cui hanno lavorato gli uomini di Stato! Bóyí divenne famoso allontanandosi dalla società umana, Confucio acquisì la celebrità dedicandosi ad essa (14). Questi uomini che andavano orgogliosi dei loro meriti non sono forse simili a te che ti vantavi, poco fa, per l’abbondanza delle tue acque?”.
"Possiamo dunque ritenere immenso l’universo e minuscola la punta di un pelo?” domandò il Signore del Fiume.
“No!” gli rispose il Signore del Mare” “L’universo non si può misurare, il tempo non si arresta, tutto cambia continuamente, tutto comincia e tutto finisce senza una regola. Perciò il vero saggio guarda a ciò che è vicino e a ciò che è lontano, sa che il piccolo non è necessariamente irrilevante e che il grande non è necessariamente importante, sa che non esiste alcuna misura definita.
Chi, per esempio, ha davanti agli occhi il presente e il passato, non trova tediosa una vita lunga, non si amareggia per una vita breve (15), perché sa che il tempo scorre senza limiti.(16)
Chi esamina l’abbondanza e la scarsità dei beni, non si rallegra della ricchezza né si affligge della povertà, perché sa che sono condizioni transitorie.
Chi capisce che tutte le strade conducono alla meta (17), non esalta la vita e non deplora la morte perché sa che l’inizio e la fine sfuggono ad ogni calcolo. (18)
Se si guarda a ciò che l’uomo sa, si vedrà che è molto meno di ciò che non sa. Il tempo della sua esistenza è infatti infinitamente minore di quello che ha preceduto la sua nascita. Chi, partendo da ciò che è piccolo, vuole giungere ad una conoscenza esauriente di ciò che è grande, non può non smarrirsi e mancare pertanto il proprio obiettivo.
Da questo punto di vista, come potremmo sostenere che la punta di un pelo è un criterio sufficiente per determinare la piccolezza o che, per converso, cielo e terra costituiscono un criterio adeguato per determinare la grandezza?(19)
“I filosofi (20) concordano nell’affermare che è impossibile sia percepire ciò che è piccolissimo sia definire ciò che è grandissimo” disse il Signore del Fiume” Si deve prestar loro fede?”.(21)
“Chi esamina il grande usando il metro con cui si valuta il piccolo non può averne una visione completa” gli rispose il Signore del Mare “Chi esamina il piccolo applicando ad esso i criteri con cui si valuta il grande non può averne una visione chiara.
L’estremamente piccolo è microscopico, l’estremamente grande è immenso. Sono categorie di concetti diverse.(22)
Bisogna anche considerare l’apparenza. La distinzione tra piccolo e grande dipende dall’esistenza di una forma. Quando una cosa è talmente piccola da non avere più forma tangibile o è talmente grande da non poter più essere circoscritta , viene meno qualsiasi possibilità di misurazione (e quindi di definizione), ma se una cosa non può essere definita non può neppure essere perfettamente conosciuta.(23)
Possiamo descrivere con le parole ciò che è grande e immaginare con il pensiero ciò che è piccolo. Tutto ciò che non si può esprimere con le parole o percepire con il pensiero sfugge alle nozioni di grande e di piccolo. (24)
Perciò (25) il saggio (26) non danneggia la gente con il suo comportamento, ma non agisce per generosità o per compassione. (27) (28)
Non è avido e interessato, ma non disprezza chi si dà da fare per il guadagno. (29)
Non lotta per il denaro e per le ricchezze, ma non le rifiuta.
Nei suoi affari, non si fa aiutare dagli altri (30), ma non si vanta di sapersela cavare da solo (31) e non guarda dall’alto chi, per il proprio vantaggio, ricorre al sostegno altrui.
Se agisce in modo diverso dagli altri, non lo fa per distinguersi. Se rimane confuso nella folla, non disprezza gli adulatori e gli arrivisti. (32)
Non si lascia abbagliare dalle cariche e dagli onori, non si lascia abbattere dalle umiliazioni e dai castighi.
Sa che, come non si possono definire il grande e il piccolo, così non si possono differenziare il bene ed il male.
Come dice il proverbio” Chi segue la Via non ambisce alla fama; l’uomo veramente virtuoso non persegue il successo; il saggio è disinteressato.(33) Riducendo al minimo le differenze, raggiunge la perfezione”. (34)
“È dunque impossibile” domandò il Signore del Fiume “, se si guarda all’aspetto materiale, differenziare il grande e il piccolo, se si guarda all’aspetto immateriale, distinguere il bene dal male? (35)
“Nella prospettiva della Via, bene e male non esistono.” gli rispose il Signore del Mare” Dal punto di vista soggettivo, ciascuno tende a vedere in sé il bene e negli altri il male. Agli occhi dell’’opinione pubblica, non dipende dal singolo interessato essere ritenuto buono o malvagio. (36) Se si giudica in base alle differenze tra le cose, si deve constatare che non c’è nessuna cosa al mondo che non sia grande rispetto ad altre e nessuna che non sia piccola rispetto ad altre (37) Quando si comprende che il cielo e la terra sono come un chicco di riso e che la punta di un pelo è come una collina o una montagna, allora si capisce che valore attribuire a queste distinzioni.
Se ci fondiamo sul criterio dell’utilità, ogni cosa non può non esistere in rapporto alla funzione che svolge e non può non essere inesistente in rapporto alle funzioni che non svolge. Chi capisce che oriente ed occidente si oppongono, ma non possono fare a meno l’uno dell’altro, capisce anche che utilità abbia l’esistenza degli opposti.
Se ci fondiamo sull’interesse che desta in noi, ogni cosa non può non risultare adeguata per il valore che noi le attribuiamo e non risultare inadeguata per il valore che noi non le riconosciamo.
Se si tiene conto del fatto che tanto Yáo quanto Jié erano convinti della bontà del proprio operato e dell’ingiustizia della condotta altrui, si potrà valutare come si comportino gli uomini. (38)
Guardate al passato. Yáo abdicò in favore di Shùn e quest’ultimo regnò felicemente.(39); Kuài cedette il potere a Zhī e quest’ultimo andò rapidamente in rovina. (40) Tāng e Wŭ lottarono per il potere ed ebbero successo (41); il duca di Bái fece lo stesso e perì. (42)
Da questo punto di vista, per quanto riguarda la rinuncia al potere o la lotta per il potere, la bontà di Yáo o la malvagità di Jié, occorre constatare che non ci sono regole valide per ogni situazione, ma che ci sono momenti in cui giova comportarsi da galantuomo e momenti in cui conviene comportarsi da farabutto. (43)
Un ariete può sfondare le porte di una città, ma non può colmare una breccia. Ecco la diversità degli strumenti.
Qíjì e Huáliú (44) possono percorrere al galoppo in un giorno molte centinaia di chilometri, ma non sono adatti a catturare i topi come fanno i gatti selvatici. Ecco la diversità delle attitudini.
Di notte, gufi e civette catturano le pulci e riescono a distinguere la punta di un pelo. Quando spunta il giorno, sembrano intontiti e non vedono più nemmeno le colline e le montagne. Ecco la diversità delle nature.
Perciò si dice che chi professa il bene, dimenticando che esiste il male , e proclama l’ordine, trascurando che esiste il disordine, ignora il sistema dell’universo e la realtà del creato. È come se si ispirasse al cielo senza accorgersi che c’è anche la terra, come se costruisse a partire dal principio passivo senza tener conto del principio attivo. Non potrà mai capire la realtà. Se si ostina a sostenere questo punto di vista, non può essere altro che un ignorante o un bugiardo.
Diversi furono i modi in cui abdicarono i Sovrani, diversi i modi in cui si succedettero le Tre Dinastie.
Chi viola le regole nel momento sbagliato è chiamato usurpatore, chi lo fa in un momento propizio è chiamato uomo giusto.
Taci, dunque, o Signore del Fiume! Come puoi pensare di poter conoscere la differenza tra nobiltà e bassezza, tra grandezza e piccolezza?”.
“Ma, allora” esclamò il Signore del Fiume” Che cosa posso fare? Che cosa non devo fare? Che cosa dovrò accettare o rifiutare? Dovrò agire o restare inerte? In definitiva, come dovrò comportarmi?” (45)
"Nella prospettiva della Via” gli rispose il Signore del Mare” non c`è nulla che sia nobile e nulla che sia ignobile, ma è giusto dire che tali concetti sfumano l’uno nell’altro (46), cosicché il tentare di definirli o di limitarli significherebbe allontanarsi grandemente dalla Via.
Alla luce della Via, non esiste né il poco né il molto, ma è giusto dire che tutto è un bene di cui ringraziare, cosicché una visione unilaterale delle cose non ha ragione di essere, perché la Via spiana ogni differenza. (47)
Sii equanime come lo è il sovrano di un paese, che non dispensa favori individuali ; sii generoso come lo è il dio della terra, che non discrimina tra coloro che gli offrono sacrifici; sii presente dovunque come lo è lo spazio infinito, che non conosce confini.
La Via abbraccia tutti, ma c’è nessuno che essa assista in modo particolare. Questo si chiama imparzialità.
Il mondo costituisce un tutto unico. Che senso ha allora dire che una cosa è corta oppure è lunga? (48) La Via non ha inizio né fine. Le cose nascono e muoiono a caso. Fioritura ed appassimento non dipendono dalla loro forma. (49) Gli anni che passano non possono essere richiamati indietro, il tempo che scorre non può essere fermato. In ciò che nasce c’è il germe della fine e in ciò che muore c`è il seme della rinascita. (50) Soltanto accettando questa evidenza, si può parlare della Grande Verità (51) e discutere della struttura dell’Universo! L’esistenza delle cose è simile alla corsa di un cavallo: Un destriero che galoppa non si muove pur sembrando immobile, non cambia impercettibilmente posizione in ogni singolo istante?
Mi domandi che cosa dovresti fare o non fare. Segui le trasformazioni dettate dalla natura!”.
“Se questo è tutto” ribattè il Signore del Fiume” che cosa c’è di prezioso nella Via?”
“Chi conosce la Via” gli rispose il Signore del Mare” arriva necessariamente a comprendere l’ordine del creato; chi capisce l’ordine del creato sa valutare le circostanze; chi sa valutare le circostanze riesce ad evitare che le cose gli arrechino danno. Il perfetto saggio non può essere arso dal fuoco né sommerso dall’acqua né leso dal freddo o dal caldo né dilaniato dagli uccelli rapaci o dalle bestie feroci. Egli non ritiene di certo insignificanti questi mali, ma sa distinguere tra sicurezza e pericolo, sa rimanere lucido tanto nella fortuna quanto nella disgrazia e sa scegliere con prudenza, in modo da non subire danni. Perciò si dice che la saggezza è l’elemento celeste, che appare naturale, innato ed interno all’uomo, in opposizione alle incrostazioni che costituiscono l’elemento umano, il quale risulta artificiale, acquisito ed esterno. Per conseguire la perfezione occorre che l’elemento celeste prevalga sull’elemento umano. (52) Virtuoso è il comportamento dell’uomo che conosce il Cielo e che si fonda sull’elemento celeste. Costui può andare avanti o indietro, può raccogliersi in sé o espandersi verso l’esterno, ma persegue la verità e raggiunge la perfezione.
“Che cos’è il Cielo e che cos’è l’uomo?" domandò il Signore del Fiume.
“Per fare un paragone” gli rispose il Signore del Mare” si potrebbe dire che il Cielo è ciò che ha creato il cavallo e il toro liberi ed integri, mentre l’uomo è colui che ha posto al cavallo il morso e le briglie e che, dopo aver castrato il toro, gli ha infilato un anello nel naso. (53) Perciò si dice: “Non si consenta all’uomo di distruggere il Cielo, non si lasci che alteri l’ordine naturale, non si sacrifichi la virtù alla fama." (54) Osservare diligentemente questa regola e non discostarsene mai significa ritornare alla realtà”.(55)
Il “kuí” (56) invidia il millepiedi; il millepiedi invidia il serpente; il serpente invidia il vento; il vento invidia l’occhio e l’occhio invidia la mente.
Il “kuí” disse al millepiedi: “Io non posso far altro che saltellare su un solo piede. Tu, di piedi ne hai mille, io ne ho uno solo. Perché solo tu sei fornito di tanti piedi?”
Il millepiedi gli rispose:” Non lo so. (57) Non hai mai visto una persona che sputa? La parte più grande dello sputo appare come una perlina, mentre il resto è costituito da innumerevoli goccioline simili alla nebbia. Io mi muovo in questo modo perché così ha stabilito il Cielo, ma non saprei davvero dirtene il motivo.”
Il millepiedi si rivolse al serpente e gli domandò: ”Tutti questi miei piedi non mi consentono di spostarmi con la velocità di uno come te, che è senza piedi. Perché?”
Il serpente gli rispose: “È il Cielo che mi ha attribuito questo modo di muovermi. Devo farmene una ragione”.
Il serpente disse al vento :”Io mi sposto, apparentemente (58), scuotendo la spina dorsale. Tu invece soffi vigorosamente sulle onde del Mare Settentrionale e un attimo dopo penetri nel Mare Meridionale, pur senza avere, a quanto sembra, una forma corporea.(59) Come è possibile?”
Il vento gli rispose: “È vero. Io mi levo sul Mare Settentrionale e, in men che non si dica, penetro nel Mare Meridionale, ma chi mi oppone un dito o mi calpesta si dimostra superiore a me (60), anche se soltanto io ho la forza di sradicare i più grossi alberi e rovesciare le più grandi case. Essere in grado di fare ciò che tutti i piccoli non sono in grado di compiere significa essere un grande dominatore, ma solo il saggio è colui che domina tutto”.(61)
Una volta che Confucio attraversava il villaggio di Kuāng (62), numerosi abitanti del regno di Sòng (63) lo circondarono con intenzioni non amichevoli. Pur essendo attorniato da una folla di persone ostili, Confucio continuò serenamente a suonare il liuto.
Vedendo ciò, Zĭlú (64) gli si avvicinò e gli domandò: ”Come è possibile , Maestro, che voi rimaniate così calmo in una situazione come questa?”.
“Vieni qui e te lo spiegherò.” gli rispose Confucio “
“Mi sono sforzato per lungo tempo di evitare una tale situazione ed il fatto che non ci sia riuscito dimostra che il destino aveva deciso altrimenti. Ho cercato a lungo di trovare un sovrano che facesse ricorso ai miei servizi ed il fatto che non lo abbia trovato mostra in quali tempi viviamo. Ai tempi di Yáo e di Shùn, nessun nell’Impero fu mai ridotto in condizioni come quelle in cui mi trovo io ora, ma non fu grazie alla loro saggezza che gli uomini di quell’epoca ebbero successo. Ai tempi di Jié e di Zhòu, gli uomini di valore furono esclusi dagli incarichi di governo, ma ciò non avvenne di certo perché mancasse loro la saggezza. Tutto fu semplicemente dovuto alla natura dei tempi.
Coloro che lavorano in mare non hanno paura di incontrare squali e draghi: è il coraggio naturale dei pescatori.
Coloro che cacciano nei boschi non hanno paura di incontrare tigri e rinoceronti: è il coraggio naturale dei cacciatori.
Coloro che combattono non hanno paura di vedere armi acuminate puntate contro di loro e di non sapere se torneranno a casa: è il coraggio naturale dei buoni soldati.
Chi sa che il suo destino è già stato fissato e che l’esercizio di funzioni di governo dipende dalla natura dei tempi, non ha paura di trovarsi in una situazione di grave pericolo: è il coraggio naturale del saggio.
Aspetta tranquillamente, caro amico, e vedrai quale sorte il destino mi ha assegnato.”
Un po’più tardi, un uomo armato di corazza si avvicinò a Confucio e gli disse: “Vi abbiamo circondato perché pensavamo che foste Yáng Hǔ (65).Vi preghiamo di scusarci per il malinteso” e se ne andò.
Gōngsūn Lóng (66) domandò a Móu di Wèi: “ Da giovane, ho appreso gli insegnamenti degli antichi sovrani. Divenuto adulto ho praticato la benevolenza e la giustizia. Ho cercato di conciliare dottrine discordanti, ho esaminato il problemi della “durezza ”e della”bianchezza”, ho studiato la questione del positivo e del negativo, del bene e del male (67),ho esaminato nei dettagli tutte le differenti dottrine ed ho approfondito i ragionamenti dei maestri di tutte le scuole di pensiero .Pensavo di aver raggiunto una buona comprensione di tutte le cose, ma, ora che ho udito le parole di Zhuāngzĭ, sono rimasto sconcertato. Non riesco a capire se gli sono inferiore nella capacità di argomentare o se le mie conoscenze sono più limitate delle sue, ma non oso più aprire la bocca e ti domando che cosa debbo fare”.
Gōngzĭ ´Móu (68) si piegò in avanti sul suo sgabello, respirò profondamente (69), alzò lo sguardo al cielo, sorrise e disse:
“Non hai mai sentito narrare la conversazione tra la rana del pozzo abbandonato e la tartaruga del Mare Orientale?
“Che cosa mi dà piacere?” diceva la rana” Salto sul bordo del pozzo e scendo giù sino alla superficie dell’acqua balzando sui frammenti delle piastrelle di rivestimento che salgono su fino al parapetto. Passo dall’uno all’altro riunendo le zampette, alzando la testa e prendendo lo slancio. Una volta giunta sul fondo, immergo le zampe nel fango. Guardandomi intorno vedo che gamberi, calamari e girini non sono in grado di fare ciò che faccio io. Per di più, quando uno può, come me, fare tutto ciò che vuole nell’acqua di questo pozzo, non sente il bisogno di cercare altrove, dal momento che è un’ immensa soddisfazione disporre a proprio piacimento di un intero pozzo. Perché non vieni anche tu spesso qui, non entri e non ti guardi intorno?”
La tartaruga del Mare Orientale, decisa ad entrare nel pozzo, spostò in avanti la zampa sinistra, ma, quando volle muovere la destra, la sentì impigliata e trattenuta da un ostacolo. Allora esitò, tornò indietro e raccontò alla rana che cosa fosse il mare: “Mille “lĭ” non sono sufficienti a misurarne la grandezza e ottomila piedi (70) non bastano a scandagliarne la profondità. Ai tempi di Yŭ (71), ci fu una grande inondazione che durò nove anni e tutta la massa d’acqua che si riversò in esso durante quegli anni non ne aumentò visibilmente il livello; ai tempi di Tāng (72), ci fu una siccità che durò sette anni, ma le rocce della costa continuarono ad essere bagnate dall’acqua senza che si notasse alcun abbassamento del livello dell’oceano. Perciò nessun avvenimento, di breve o di lunga durata, influisce sull’Oceano, che non avanza né retrocede, quale che sia la massa d’acqua, piccola o grande, che vi si versa o che se ne estrae. Ecco l’immenso piacere che offre il Mare Orientale”.
Quando la rana del pozzo abbandonato udì tutto ciò, fu sorpresa e terrorizzata, e rimase senza parole per lo stupore.
Ora, tu, che non hai abbastanza discernimento per capire dove conduca la discussione sul bene e sul male, vorresti ancora penetrare le parole di Zhuāngzĭ.
È come se un moscerino volesse portare una montagna sul dorso o un millepiedi volesse volare veloce come il vento, cose che né l’uno né l’altro insetto sono certamente in grado di fare.
Ancor di più, tu che non hai la saggezza sufficiente per comprendere i termini di cui si fa uso quando si parla di temi arcani, corri a mostrare la tua dialettica ad ogni piè sospinto. Non ti rendi conto che fai la stessa figura della rana nel pozzo abbandonato?
Zhuāngzĭ sta con i piedi piantati sulle Sorgenti Gialle.(73) e con la testa nella parte più alta del cielo. Senza guardare ad oriente né ad occidente, si lancia liberamente in ogni direzione e si perde in profondità irraggiungibili. Dagli abissi della Misteriosa Oscurità risale alla Grande Armonia.(74 )
Nel frattempo, tu, pieno di stupore, cerchi di orientarti nei suoi pensieri per esaminarli e ti dibatti in essi per trovare un appiglio alla discussione. Non è come scrutare il cielo attraverso una canna o arare la terra con un punteruolo (75), entrambi mezzi troppo insignificanti per raggiungere lo scopo perseguito?
Vai pure per la tua strada!
Non conosci la storia dello studente di Shōulíng che si era recato a Hándàn (76)? Prima di aver capito ciò che avrebbe potuto imparare nella capitale, aveva dimenticato ciò che aveva appreso nella sua città d’origine, alla quale fu costretto a tornare camminando sulle ginocchia.
Vattene via, altrimenti anche tu dimenticherai, come lui quel poco che hai imparato e non sarai più buono a niente.
Gōngsūn Lóng lo guardò con gli occhi sbarrati e la bocca aperta, la lingua incollata al palato. Si tirò indietro e si allontanò.
Zhuāngzĭ stava pescando nel fiume Pú (77) quando fu avvicinato da due dignitari che gli recavano un messaggio del re di Chŭ (78), il quale intendeva affidargli il governo del suo regno.
Continuando a tenere lo sguardo fisso sulla canna da pesca, Zhuāngzĭ rispose ai due messaggeri: “Ho sentito dire che a Chŭ si venera il carapace di una tartaruga morta tremila anni fa, conservato dai re di Chŭ nel loro tempio ancestrale in una teca coperta da un drappo di seta. Pensate che la tartaruga sia stata contenta di morire e di lasciare le sue spoglie alla venerazione dei posteri? Non credete invece che le sarebbe piaciuto di più continuare a vivere e a trascinare la coda nel fango?
“Avrebbe di certo preferito continuare a vivere e a trascinare la coda nel fango.” risposero i due dignitari.
“Andate pure” concluse Zhuāngzĭ “Anch’io continuerò a trascinare la mia coda nel fango”.
Quando Huízĭ (79) era ministro nel regno di Liáng (80) , Zhuāngzĭ si mise in cammino per andarlo a trovare. Huízĭ, al quale avevano raccontato che Zhuāngzĭ voleva prendere il suo posto, si spaventò e diede ordine ai gendarmi di cercarlo in tutto il regno per tre giorni e per tre notti. Giunto alla presenza di Huízĭ, Zhuāngzĭ gli disse: “ Esiste, come tu sai, nelle regioni meridionali un uccello chiamato “La Giovane Fenice” (81), che vola dal Mare Meridionale al Mare Settentrionale, riposandosi solo sulle sterculie, mangiando solo il frutto del bambù ed abbeverandosi unicamente alle fonti più pure. Un gufo, che teneva nel becco un topo putrefatto, vedendosi passare accanto una giovane fenice la guardò con sospetto ed emise un forte strido per tenerla lontana. Tu, che hai nel becco il regno di Liáng, stai gridando come quel gufo per tenermi lontano.”
Zhuāngzĭ e Huízĭ passeggiavano insieme sul ponte del fiume Háo (82), quando il primo osservò :“Guarda quei pesciolini che saltano fuori dal pelo dell’acqua e giocherellano tra di loro. Ecco come si divertono i pesci!”.
“Tu non sei un pesce» gli rispose Huízĭ “ Come fai a sapere che i pesci si divertono in questo modo?”
“Tu non sei me” replicò Zhuāngzĭ “Che cosa ti autorizza a pensare che io non sappia come si divertono i pesci?”.
“Io non sono te.” gli rispose Huízĭ “ma, sebbene io non ti conosca perfettamente, so di certo che non sei un pesce. Posso quindi validamente sostenere che tu non puoi sapere come si divertono i pesci.”
“Torniamo alla questione da cui siamo partiti” concluse Zhuāngzĭ “Tu mi hai chiesto: “Come sai che i pesci si divertono in questo modo?” La maniera in cui hai formulato la domanda dimostra che tu sapevi già che io conoscevo la risposta. La risposta è “Lo so perché stanno facendo la stessa cosa che stiamo facendo noi in riva al fiume."(83)
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NOTE
1) Il termine “hé” 河, cioè “fiume”, designa il Fiume Giallo 黄 河, che, in Cina, è considerato il fiume per antonomasia.
2) Anche gli antichi Cinesi personificavano i fiumi, nei quali vedevano vere e proprie divinità, ora generose, ora crudeli. Hébó 河 伯, il Signore del Fiume, era lo spirito del Fiume Giallo.
3) Con il nome di Mare Settentrionale 北 海 (“bĕi hăi”) è indicata la parte settentrionale del Mar Giallo 黄 海 (“huáng hăi”) tra la Cina e la Corea.
4) Ruò 若 era, nella mitologia cinese, il dio del Mare Settentrionale.
5) Il detto popolare qui riportato (聞道百,以為莫己若 “wén dào bǎi, yǐwéi mò jǐ ruò “, letteralmente “ho ascoltato la Via centinaia di volte, ma ritengo che non ci sia nessuno come me”), stigmatizza l’atteggiamento di coloro che persistono nel loro orgoglio e nella loro presunzione nonostante la natura abbia offerto loro innumerevoli occasioni di correggersi.
6) Ho interpretato la frase tenendo conto del fatto che ci troviamo di fronte ad un testo taoista, espressione di una dottrina i cui valori non sono quelli confuciani. Non deve dunque stupirci il poco conto in cui sono tenute la saggezza di Confucio e la rettitudine di Bóyí.
7) Il termine che figura nel testo cinese é “nánqiong” 難窮, cioè “difficile” (“nán” 難 ) da “esaurire” (“qióng” 難), quindi “infinito”, “senza limiti”.
8) L’espressione idiomatica 大方之家 (“dà fāng zhī jiā”) si riferisce ai saggi e, più specificamente, a coloro che comprendono la Via e vi si conformano.
9) Il termine 曲士(“qūshì”) designa gli “studiosi di musica locale.” Leggiamo nell’enciclopedia on-line Bǎidù Bǎikē 百度百科 che, “secondo il commento di Lù Démíng , Sīmǎ Biāo dice che il termine “studioso di musica” indica uno studioso di musica locale”( 陆德明 释文引 司马彪 曰:“曲士,乡曲之士也。”Lù Démíng shìwén yǐn Sīmǎ Biāo yuē:“ qū shì, xiāngqū zhī shì yě.).Il riferimento ad un ambito di conoscenze limitato condusse in seguito ad attribuire a questo termine il significato di “ignorante”. Nel contesto specifico si può ritenere che il termine vada applicato ai letterati confuciani, le cui dottrine erano considerate dai Taoisti inadeguate a spiegare la realtà del mondo.
10) Il testo cinese reca l’espressione 大理 (“dàlĭ”), vale a dire il “grande ordine”. Il carattere 理, che, originariamente significava “rendere lucida la giada”, ha assunto in seguito il significato di “sistemare”, “mettere in ordine”. È interessante comparare questo termine con i suoi corrispondenti greco (“κόσμος”) e latino (“mundus”), che implicano anch’essi l’idea di ordine e sistemazione.
11) L’improvviso passaggio alla prima persona non ha bisogno di spiegazioni: ricordiamoci che chi parla è il dio del mare.
12) Come ogni altra cosa anche l’oceano è sottomesso all’azione dei due princìpi fondamentali, ” yáng” 杨 e “yīn” 陰, e la consapevolezza di questo condizionamento gli impedisce di cedere all’orgoglio.
13) L’espressione “Le Nove Province”( 九州 “jiŭ zhōu”), che, nei testi più antichi, designava le ripartizioni territoriali esistenti all’epoca delle dinastie Xià 夏朝 e Shāng 商朝, fu più tardi usata per indicare la Cina nel suo complesso.
14) Nella prospettiva della dottrina taoista, i fini perseguiti da Bóyí e da Confucio, che volevano essere ricordati l’uno come esempio di rettitudine, l’altro come modello di saggezza, appaiono futili e lontani dall’obiettivo a cui devono ambire gli uomini: conformarsi alle leggi della natura.
15) L’espressione idiomatica 掇而不跂 (“duō ér bù qí), letteralmente “raccogli (ciò che è vicino) e non stare in punta di piedi (per vedere se più lontano c’è qualcosa di meglio)", è un chiaro invito ad accettare la vita come è e ad accontentarsi di ciò che essa ci offre.
16) Come due parallele prolungate all’infinito nello spazio convergono, così, una vita lunga e una vita breve non mostrano più alcuna differenza se viste alla luce dell’infinità del tempo.
17) Il termine 坦塗 (“tán tú”) indica una “strada liscia”, agevole da percorrere. Nella prospettiva taoista, che culmina in ciò che noi chiameremmo la “coincidentia oppositorum”, tutto finisce per convergere, indipendentemente da qualsiasi differenza, nell’unità dell’universo.
18) La dottrina taoista non scorge alcuna differenza sostanziale tra l’essere ed il non essere, due condizioni che si succedono incessantemente. Dalla vita si passa alla morte e dalla morte rinasce la vita.
19) Non esistendo in natura alcun metro di misurazione di carattere assoluto, qualsiasi misura e, per estensione qualsiasi giudizio, anche di valore, non può che assumere una portata relativa. Il Monte Tài, che è immenso rispetto ad un pelo di cavallo, diventa minuscolo ed insignificante come un pelo di fronte all’immensità dell’universo. Allo stesso modo, un comportamento che appare giusto e adeguato in determinate circostanze può risultare ingiusto ed inadeguato in circostanze diverse.
20) Ho tradotto con “filosofi” l’espressione 世之議者 (“shì zhī yì zhě"), letteralmente “coloro che discutono del mondo”.
21) Dopo aver provato che “grandezza” e “piccolezza” sono concetti relativi, il Zhuāngzĭ passa a dimostrare che, ad un certo punto, le nozioni stesse di “grande” e di “piccolo” svaniscono del tutto e non sono più adatte a guidare l’azione umana.
22) “Grandezza” e “piccolezza” sono categorie diverse che non possono essere valutate con gli stessi criteri e con gli stessi metodi. Una cosa “relativamente” grande può essere definita, misurata, suddivisa, ma ciò non risulta più possibile quando si scenda a qualcosa di estremamente piccolo. (Ci sembra di imbatterci qui in una delle prime definizioni dell’atomo.) Del pari, definizione, suddivisione e misurazione, che sono possibili di fronte ad una cosa “relativamente” piccola, non sono più realizzabili quando si salga a qualcosa di estremamente grande. In entrambi i casi, l’assenza di una forma chiaramente definita impedisce una conoscenza perfetta della cosa. Ancora una volta, gli estremi si toccano o, per dirla, con Nicola Cusano, “gli opposti coincidono”.
23) Il ragionamento del Zhuāngzĭ non si ferma alla constatazione che, prolungando all’infinito nelle due opposte direzioni la scala della “grandezza” e della “piccolezza”, le differenze si annullano (“coincidentia oppositorum”), poiché l’osservatore non è più in grado di definire la”grandezza” o la”piccolezza” di ciò che tenta di osservare, ma viene condotto ancora più avanti.
24) Tento, per quanto ciò possa valere, di interpretare questa affermazione:
“ Ci sono cose che possono essere definite e misurate (le cose “relativamente” grandi o “relativamente” piccole possono essere descritte con le parole) e cose che possono essere immaginate con il pensiero (le cose “estremamente “grandi o “estremamente piccole” possono essere catalogate dal pensiero applicando loro i postulati dell’esperienza). Vi è pero necessariamente qualcosa che non è percepibile con i sensi né immaginabile con il pensiero e che sfugge pertanto a qualsiasi distinzione. Ciò non può essere che la Via (nella teologia occidentale, ciò non può essere altro che Dio”).
25) Il “perciò” (是故 “shì gù”) con cui ha inizio la frase segnala una conclusione che sembra riferirsi a premesse molto più vaste di quelle indicate nei paragrafi precedenti. La constatazione che è impossibile distinguere tra “grande” e “piccolo” non è infatti che una delle infinite constatazioni di impossibilità di distinzione (bene-male, giusto-ingiusto, bello-brutto, etc.) che caratterizzano la dottrina taoista e che indirizzano il comportamento di chi si conforma alla Via.
26) Il termine “grand’uomo” (大人 “dà rén”), che per noi indica normalmente una persona illustratasi nella politica o nella scienza, ha qui una portata più larga in quanto designa il “saggio”, cioè chiunque si conformi alla Via.
27) I comportamenti ispirati da sentimenti di umanità e di compassione mirano a coartare, anche se animati da buone intenzioni le leggi della natura, e perciò non si addicono ai saggi.
28) La concisione delle frasi con cui è descritta la condotta del saggio ha dato luogo ad una grande varietà di interpretazioni, di cui ho tenuto conto nell'interpretare a mia volta i passi più controversi.
29) Il termine 門隸 "mén lì", che indica i portinai e i custodi, retribuiti per i loro servizi, assume, nel presente contesto, il significato di "persona che persegue un profitto".
30) I dizionari attribuiscono al termine 惜 (“xī”) il significato di “amare molto”, “blandire”, “stimare”, “tenere in gran conto”. Ch i“tiene in gran conto” una persona sarà naturalmente propenso a ricorrere a lei per ottenere aiuto e sostegno nella carriera e negli affari.
31) Il Legge traduce cosÌ questa frase:” While he does not borrow the help of others to accomplish his affairs, he does not plume himself on supporting himself by his own strength, nor does he despise those who in their greed do what is mean.”. Il termine 不多 (“bù duō”), letteralmente “non molto”, viene interpretato come “non attribuisce molta importanza”,”non si vanta molto”.
32) Sappiamo dal Dào Dé Jīng 道德經 (cfr. ad es. il paragrafo VII: ”Il saggio si tira indietro e si ritrova tra i primi. Non si cura di sé stesso ed è lui che sopravvive”) che il saggio non lotta per emergere dalla massa e non ha cura di diventare ricco o famoso. Perciò, se il suo comportamento si distingue da quello degli altri, ciò non è mai dovuto ad ambizione o a smania di notorietà. Pur astenendosi dal mettersi in mostra, egli è però indulgente nei confronti di coloro che lo fanno, perché sa che, nell’ordine delle cose, ogni fenomeno ha necessariamente il suo contrario.
33) Leggiamo nel paragrafo XXXVIII del Dào Dé Jīng 道德經:”I più virtuosi praticano l’inazione e sono completamente disinteressati” (上德無為而無以為 “shàng dé wú wéi ér wú yǐ wéi”).
34) L’espressione 約分 (“yuēfēn”) è usata in matematica per indicare la riduzione di una frazione ai minimi termini. Essa è qui impiegata per spiegare che il saggio, riducendo al minimo le distinzioni, si riavvicina quanto più possibile all’unità della natura.
35) La distinzione tra piccolo e grande attiene alla materia, la distinzione tra buono e cattivo attiene allo spirito. Grammaticalmente la frase assume la forma di un chiasmo : “ All’esterno delle cose, all’interno delle cose, è possibile distinguere tra buono e cattivo, tra grande e piccolo?”(若物之外,若物之內,惡至而倪貴賤?惡至”.而倪小大?”ruò wù zhī wài, ruò wù zhī nèi, è zhì ér ní guìjiàn? e zhì ér ní xiǎo dà?").
36) Secondo la dottrina taoista, non esiste una vera e naturale distinzione tra il bene e il male. L’autore ammette, tuttavia, che esistono distinzioni artificiali: quella determinata dalla soggettività dell’uomo che induce ciascuno di noi a ritenersi migliore degli altri e quella effettuata dalla società, che giudica il bene e il male in base a criteri convenzionali che nulla hanno a che fare con la realtà dei singoli individui.
37) La distinzione tra grande e piccolo non ha alcun fondamento perché non esiste alcun metro di misura di valore assoluto. La scala della grandezza e della piccolezza è infinita in entrambi i sensi: si troverà sempre una cosa più grande di quella che è stata ritenuta la più grande ed una cosa più piccola di quella che è stata ritenuta la più piccola.
38) L’autore porta qui una serie di esempi storici volti a dimostrare le tesi in precedenza esposte. Il fatto che un saggio come Yáo 堯 e un tiranno come Jié 桀 fossero entrambi convinti di essere nel giusto prova che gli uomini non sono in grado di valutare correttamente la differenza tra il bene e il male, e che, perciò, non esiste alcun modo di definire tale differenza. Il fatto che azioni ritenute nobili, come la rinuncia al potere, abbiano provocato, in certi casi, risultati disastrosi, ed azioni ritenute ignobili, come una ribellione, abbiano invece condotto, in certi casi, a risultati positivi, provano che non c’è un ordine superiore che definisca con esattezza i confini del bene e del male e che dal bene, in talune circostanze, può nascere il male, mentre, in altre circostanze, dal male può nascere il bene
39) Secondo una tradizione riportata negli Annali di Bambù (竹書紀年 ”zhúshū jìnián”), Yáo 堯 abdicò in favore di Shùn 舜, a cui aveva dato in spose le sue due figlie, e visse in seguito, tranquillamente, per altri ventotto anni. (cfr. il capitolo intitolato 帝堯陶唐氏 “dì yáo táo táng shì”). Shùn cercò di restituire il potere a Dānzhū丹朱 , figlio di Yáo, senza riuscirvi (cfr. il capitolo intitolato 帝舜有虞氏 “dì shùn yǒu yú shì”).
Contrasta con questa versione idealizzata della successione imperiale, elaborata in ambito confuciano, una versione più cruda e, forse, più realistica, reperibile in altre fonti: Shùn, ministro dell’imperatore Yáo, depose ed imprigionò quest’ultimo, innalzando al trono il principe Dānzhū, che, tuttavia, rovesciò, qualche tempo più tardi, per proclamarsi lui stesso imperatore.
40) Nel 318 a.C., Kuài, re di Yàn, 燕王噲, volendo imitare il leggendario esempio di Yáo rinunciò al trono in favore del suo cancelliere Zĭzhī 子之. All’abdicazione fece seguito un periodo di disordini e di guerre, nel corso del quale Kuài e Zĭzhī vennero uccisi.
41) Tāng 湯, fondatore della dinastia Shāng 商朝, si impadronì del potere in seguito ad una ribellione contro l’ultimo corrotto sovrano della dinastia Xià 夏朝. Secondo la tradizione, regnò dal 1767 a.C. al 1750 a.C. ed ebbe fama di re giusto.
Wǔ 武, fondatore della dinastia Zhōu 周朝, salì`al potere nel 1046 a.C., in seguito ad una ribellione contro la dinastia Shāng, e regnò fino al 1043 a.C.
42) Nel 478 a.C., Shèng 勝, duca di Bái 白 公, tentò un colpo di stato nel regno di Chŭ 楚, uccidendo il primo ministro e il comandante dell’esercito e facendo prigioniero il re Huì 楚惠王. Shĕn Zhūliáng 沈諸梁, duca di Yè 叶公, lo affrontò, lo sconfisse e rimise sul trono il sovrano legittimo. Il duca di Bái si suicidò.
43) Sembra quasi di scoprire in queste considerazioni un anticipo del pensiero del Machiavelli: le azioni dei politici non vanno giudicate sulla base della morale. Ci sono infatti momenti in cui le circostanze garantiscono il successo ad atti eticamente riprovevoli come una ribellione.
44) I termini Qíjì e Huáliú designano dei cavalli capaci di percorrere al galoppo grandi distanze.
Con il nome di “qíjì” 騏驥 erano indicati i “ qiānlīmă” 千里馬, cioè i cavalli in grado di galoppare per centinaia di chilometri al giorno.
Huáliú 驊騮 era il nome di un cavallo fulvo, uno degli otto famosi destrieri del re Mù di Zhōu 周穆王, noti come i “cavalli di giada”.
45) La domanda del Signore del Fiume è logica: “Se vengono a mancare tutti gli abituali criteri di distinzione (bene e male, onestà e disonestà, lealtà e perfidia), a che cosa ciascuno di noi dovrà improntare il proprio comportamento?”.
46) L’espressione 反衍 ”fǎn yǎn”, indica, secondo i dizionari on-line, “la transizione da una cosa all’altra”. Ci troviamo qui di fronte ad un concetto fondamentale del Taoismo: non c’è realtà che non contenga in sé almeno un germe del suo contrario e che non si trasformi a poco a poco nel suo contrario. È l’idea che viene resa graficamente con il simbolo del “tàijítú” 太極圖:☯.
47) L’espressione 無一而行 (“wú yī ér xíng”) mi sembra doversi interpretare come “non comportarti in modo unilaterale”, cioè “non tener conto di un solo aspetto della realtà, ma considera anche il suo contrario”, perché, nell’unità della natura, non esistono contrapposizioni assolute.
48) Le distinzioni operate, ad esempio, dai Confuciani o dai Mohisti, avrebbero un senso se le cose rimanessero sempre ben distinte e separate l‘una dall’altra. Poiché esse finiscono invece per confondersi nella grande massa indistinta dell’Universo, tutte le distinzioni finiscono per perdere il loro significato.
49) Il testo cinese dice 物有死生,不恃其成 (“wù yǒu sǐshēng, bù shì qí chéng”), letteralmente: “le cose nascono e muoiono senza che si possa contare sul loro compimento”. Ciò equivale a dire che il mondo è retto dal caso, sia perché una cosa può perire prima ancora di essere pervenuta ad uno stato di completa maturazione e di perfezione, sia perché il raggiungimento di tale stato non garantisce in alcun modo la sopravvivenza della cosa stessa, anzi segna spesso l’inizio del suo declino.
50) Manca completamente nella dottrina taoista quella sorta di manicheismo che porta a negare la possibilità di ogni sfumatura: tutto bianco o tutto nero. In ogni realtà il saggio taoista vede il germe che darà vita presto o tardi alla realtà contraria: la nascita è il preludio della morte e la morte è il preludio della (ri)nascita.
51) Il termine 大義 (“dà yì”) è reso dai dizionari in varie maniere: “giustizia”, “rettitudine”, “essenza”. Traducendolo con “grande verità” ho cercato di usare un’espressione che abbracci tutti questi significati. Chi parla dell’Universo nel modo che abbiamo visto ne coglie la “vera e grande essenza” ed opera perciò necessariamente in modo “giusto e retto”.
52) Il testo cinese recita: 故曰,天在內,人在外,德在乎天 (“gù yuē, tiān zài nèi, rén zàiwài, dé zàihū tiān”), letteralmente: “Perciò si dice che il Cielo sta all’interno, che l’uomo sta all’esterno e che la Virtù sta nel Cielo”). Dopo aver confrontato tra di loro differenti traduzioni, sono giunto alla conclusione che la più convincente sia quella di Léon Wieger, in “Les pères du système taoiste: Lao-Tzeu,Lie Tzeu, Tchoang Tzeu”( 1913), che riporto qui di seguito:” Cette sagesse qui résulte de la connaissance du Principe est ce qu’on a appelé l’élément céleste (naturel, dans l’homme), par opposition à l’élément humain (artificiel). Il faut que cet élément céleste (la nature) prédomine, pour que l’action soit conforme à la perfection originelle.” ed alla quale mi sono ispirato per la mia traduzione.
53) Il testo cinese afferma letteralmente: 牛馬四足,是謂天 (“niúmǎ sì zú, shì wèi tiān”), vale a dire “Si chiamano Cielo le quattro zampe di un toro o di un cavallo”.
La frase significa che è conforme alla volontà celeste il rispetto delle leggi della natura, che, per quanto riguarda gli animali, li ha creati liberi ed integri.
È invece contrario alla Via l’intervento dell’uomo, che, per il proprio vantaggio, ha asservito gli animali, li ha mutilati e li ha torturati (落馬首,穿牛鼻,是謂人 “luò mǎ shǒu, chuān niú bí, shì wèi rén”, vale a dire” quando si piega a forza il collo di un cavallo o si perfora il naso di un bue, allora si parla di azione dell’uomo”).
54) Il carattere 殉 (“xùn”) faceva in origine riferimento all’antica usanza di immolare in occasione della morte di un sovrano le sue concubine preferite ed i suoi servi più devoti e di seppellirli con il defunto. Ha assunto poi, metaforicamente, il significato di sacrificare qualcuno o qualcosa a vantaggio di qualcun altro o di qualcos’altro.
55) Si intende per realtà l’ordine naturale, turbato e distorto dagli interventi arbitrari dell’uomo.
56) Secondo il “Shuōwén Jiĕzì” 說文解字 (121 d.C.), il primo dizionario cinese che descrive i caratteri, il carattere “kuí” 夔 ”rappresenta uno spirito malvagio, simile ad un drago, provvisto di una sola gamba, dotato di corna, con mani e volto umano.”
57) Il termine 不然 (“bùrán”) significa letteralmente “non è così”. Nel contesto, esso può essere interpretato come “ non c’è nessun motivo”, giacché il millepiedi non è assolutamente in grado di rispondere alla domanda del “kuí”.
58) “A quanto sembra” (則有似也 “zé yǒu shì yě”) è evidentemente la constatazione di un osservatore esterno. Il serpente, in quanto tale, dovrebbe infatti avere coscienza del modo in cui si sposta.
59) L’espressione 而似无有 (“ér shì wú yǒu”), letteralmente “pur apparentemente non avendola”, va integrata leggendola “pur apparentemente non avendo una forma corporea”. Essa va infatti letta nel contesto della contrapposizione tra il serpente, che ha un corpo e che apparentemente si sposta facendo forza sulla spina dorsale, ed il vento, che non ha corpo e che apparentemente si sposta senza far ricorso ad alcuna visibile fonte di movimento.
60) Questa frase è stata oggetto delle più svariate interpretazioni.
Per quanto mi riguarda, ho attribuito al carattere 指 (zhǐ ), che vale “dito”, ”indicare”, il significato di “opporre un dito” e al carattere 鰌 (“qiū”) il significato di “calpestare”, leggendo così la frase nel senso che, nonostante la sua immensa forza, il vento non può oltrepassare un piccolo ostacolo come quello rappresentato da un dito e può essere calpestato senza essere in grado di reagire.
Nel contesto del paragrafo, tale osservazione sembra voler indicare che, nell’ambito del creato, ognuno ha delle forze e delle debolezze e che chi se ne rende conto acquista anche coscienza dell’ordine naturale delle cose.
61) Il vento giunge qui alla conclusione propria della dottrina taoista: taluni sono superiori in un certo campo, altri hanno migliori attitudini in determinati settori, soltanto il saggio si dimostra superiore a tutti qualunque cosa faccia.
62) Nel 493 a.C. Confucio partì con i suoi discepoli dal regno di Wéi 衞国 diretto al regno di Chén 陈国. Il suo cammino attraversava i regni di Cáo 曹国 e di Sòng 宋国. Secondo il commento di Zhū Xī 朱熹 ai Dialoghi 論語 (cfr.la nota al paragrafo 5 del capitolo IX) gli abitanti del villaggio di Kuāng 匡, nel regno di Sòng 宋国, scambiarono erroneamente il Maestro per Yáng Hŭ 陽虎, un feudatario del ducato di Lŭ 魯國 dal quale avevano subito gravi torti, e lo circondarono, intenzionati a vendicarsi.
63) Sòng 宋 era un piccolo regno, situato nelle Pianure Centrali, i cui sovrani discendevano dagli imperatori della dinastia Shāng 商 殷 . Mantenne la sua indipendenza sino al 286 a.C.
64) Zhōng Yóu 仲由 (542 a.C.–480 a.C.), generalmente conosciuto come Zĭlú 子路 fu uno dei più noti e dei più fedeli discepoli di Confucio, il quale, pur lodandone il valore ed il senso della giustizia, lo criticava spesso per la sua impulsività. Fu ucciso mentre difendeva il sovrano di Wèi da un tentativo di colpo di stato.
65) Yáng Hǔ 陽虎, un feudatario della nobile famiglia dei Jìsūn 季孫 del ducato di Lǔ 魯國, cacciò nel 504 a.C.il duca di Lǔ e svolse le funzioni di reggente del ducato fino al 502 a.C.,quando, dopo aver tentato senza successo di distruggere i Tre Huán 三桓 (“sān huán”), cioè le potenti famiglie nobiliari dei Jìsūn 季孫, dei Zhōngsūn 仲孫 e dei Shūsūn 叔孫, fu sconfitto e costretto a fuggire in esilio.
66) Gōngsūn Lóng 公孫龍 (325 a.C.-250 d.C.) è un filosofo della Scuola dei Nomi (名家“míng jiā”), autore del cosiddetto Gōngsūn Lóngzĭ 公孫龍子, trattato di cui ci sono giunti soltanto alcuni capitoli. Il termine Gōngsūn 公孫 (letteralmente “discendente di duchi”) è una sorta di cognome che veniva attribuito ai membri delle casate regnanti.
67) Sono opera di Gōngsūn Lóng il “Dialogo del cavallo bianco” (白馬論 “bái mă lùn”), in cui si dimostra che, sul piano della logica, un “cavallo bianco” non può essere un “cavallo” ed il “Dialogo del duro e del bianco” (堅百論 “jiān bái lùn ”), nel quale, analogamente, si dimostra che “una roccia dura” non può essere “una roccia bianca”. Si tratta di sottili esercizi dialettici, che tendono spesso a sconfinare nel sofisma.
68) Gōngzĭ Móu 公子牟 di Wèi ( 425 a.C.-357 a.C.), figlio del marchese Wēn di Wèi 魏文侯, visse alcuni decenni prima di Gōngsūn Lóng. Un loro incontro è dunque storicamente impossibile. Ciò ha fatto pensare ai critici che la menzione di Gōngsūn Lóng non figurasse nel testo originale del Zhuāngzĭ e sia stata aggiunta successivamente.
69) Il saggio padroneggia anche la tecnica della respirazione, come vediamo tra l’altro nel terzo paragrafo del capitolo del Zhuāngzĭ intitolato “Il Grande e Onorato Maestro”, in cui si legge che “il respiro del saggio viene dai talloni”. Si può pertanto sostenere che una corretta respirazione favorisce l’equilibrio del corpo e, di conseguenza, la chiarezza dello spirito. Non siamo qui troppo lontani dalla massima classica “mens sana in corpore sano”.
70) Il “lĭ” 里 è una misura di lunghezza pari a 576 metri. Il “chĭ” 足 (“piede”) corrisponde a 32 centimetri.
71) Il mitico imperatore Yŭ il Grande 大禹 (“dà yŭ”), avrebbe regnato tra il 2200 a.C. e il 2100 a.C.
72) Chéng Táng 成 湯 (1767 a.C.-1753 a.C.) fu il primo sovrano della dinastia Shāng 商朝 .
73) Le "Sorgenti Gialle"( 黃 泉 “huáng quán”) erano, nella mitologia cinese, la sede dei defunti. L’immagine di Zhuāngzĭ che poggia i piedi sulle Sorgenti Gialle e raggiunge con la testa la sommità del cielo dimostra che la sua saggezza abbraccia tutto l’universo.
74) I due termini 玄冥 (“xuán míng” “misteriosa oscurità”) e 大通 (“dàtōng” “grande accesso”) potrebbero fare oggetto di lunghe disquisizioni.
Zhuāngzĭ sa individuare nell’ apparente disordine del mondo le leggi che regolano la natura, sa rimontare dal Caos primigenio alla chiarezza della Via.
75) Guardare il cielo attraverso una canna (管”guān”) restringe inevitabilmente la visione (dovevano trascorrere ancora quasi due millenni prima che Galileo dimostrasse come inserendo una lente in un tubo si potesse realizzare un’osservazione più approfondita della volta celeste). Arare con un punteruolo (錐 “zhuī”) corrispondeva ad una forma estremamente primitiva ed inefficiente di agricoltura.
76) Un’ antica storia racconta che un giovane di Shòulíng 寿陵, nel regno di Yán 燕國, si sarebbe recato a Hàndān邯鄲, capitale del regno di Zhào 趙國, per impararvi il “passo”( 步“bù”), che era probabilmente una forma di danza tipica della città. Nonostante cercasse di imitare con cura tutti i movimenti, il giovane non riuscì ad impadronirsi della tecnica della danza ed i suoi goffi tentativi di praticarla provocarono il riso degli abitanti di Hàndān. Il fatto diede origine ad un proverbio che suona :“Hàndān insegna il passo, ma Shòulíng l’ha perso”(邯鄲學步寿陵失步 “hándān xué bù shòulíng shī bù”).
Questo proverbio intende dire che chi imita senza cervello i gesti altrui, non solo non riesce ad imparare nulla di nuovo, ma dimentica anche le cose che già sapeva.
77) Il fiume Pú 濮水 scorre nell’area di Gŭhézé 古菏澤
78) Il regno di Chŭ 楚國 , situato nella valle dello Yángzĭjiāng 揚子江, fu uno Stato indipendente dal 1030 circa a.C. al 223 a.C.
79) Huìzĭ 惠子 ( 380 a.C.-305 a.C. ) fu un filosofo che appartenne alla Scuola dei Nomi (名家“míng jiā”) , comparabile sotto certi aspetti al Sofismo della Grecia Classica.Le sue opere non ci sono pervenute, ma alcuni frammenti figurano in altri testi, ad es. nel Zhuāngzĭ, che, al cap.33 “Sotto il Cielo" (天下“tiān xià”) riporta i suoi dieci paradossi, che ricordano un po’ i famosi paradossi di Zenone.
80) Il regno di Liáng 梁國, uno degli antichi regni del Periodo delle Primavere e degli Autunni 春秋
, fu conquistato nel 641 a.C. dal regno di Qín 秦國. Con il termine “regno di Liáng” 梁國, si allude qui invece al regno di Wèi 魏國, che era anche conosciuto come “regno di Liáng”,.perché, agli inizi del IV° secolo a.C., la sua capitale era stata trasferita nella città di Dàliáng 大梁.
81) Il termine 鵷鶵 (“yuānchú”), che ho tradotto con “giovane fenice”, designa, nella mitologia cinese, un uccello simile alla fenice il cui piumaggio è prevalentemente giallo, mentre il piumaggio della fenice (凤凰 “fènghuáng”) è scarlatto.
82) Háo 濠 è l’antico nome di un affluente del fiume Huái 淮, che scorre nell’Ănhuī 安徽 e che è oggi chiamato Shíliáng 石樑.
83) Il testo cinese dice 我知之濠上也 (“wǒ zhīzhī háo shàng yě.”), cioè:” Lo so stando in riva al fiume Háo”. Zhuāngzĭ non giunge alla sua conclusione sulla base di elaborate argomentazioni, bensì sulla base di un’osservazione molto semplice: è normale pensare che, come tutti gli esseri viventi, anche i pesci abbiano i loro momenti di svago e di divertimento.
L'originale in lingua cinese può essere reperito digitando: https://ctext.org/zhuangzi