UN MOMENTO DIFFICILE
I raggi del sole al tramonto avevano gradualmente formato una striscia gialla sull’argine del fiume. Le foglie degli alberi della cera che si drizzavano sull’argine tiravano finalmente un sospiro di sollievo dopo una giornata afosa , mentre più in basso i moscerini volavano ronzando intorno alle piante.Le volute di fumo che si levavano dalle case dei contadini, dove si stava preparando la cena, svanivano poco a poco, l’una dopo l’altra. Le donne ed i bambini spruzzavano un po’d’acqua per terra sulla soglia delle case e mettevano giù tavolini e seggiole.
Si capiva che era già arrivato il momento di mangiare.
I vecchi e gli uomini sedevano sulle seggiole e conversavano, sventolando grandi foglie di banano per rinfrescarsi, mentre i bambini più piccoli correvano tutt’intorno o stavano seduti sotto gli alberi della cera giocando con i sassolini. Le donne portavano fuori fagioli neri secchi bolliti e riso giallo bollito del Songhua.
I gitanti a bordo di una barca che navigava sul fiume, resi romantici dal ricordo delle poesie studiate a scuola, si estasiavano a quella vista: “ Che pace! Che serenità! Ecco veramente la vita idilliaca dei contadini!”.
Ma queste osservazioni piene di lirismo non trovavano alcun riscontro nella realtà.
Essi infatti non avevano sentito ciò che stava dicendo la vecchia signora Novelibbre che, in quel momento, era particolarmente stizzita e, battendo nervosamente con una foglia di banano ormai lacera le gambe della
seggiola, borbottava: “Sono arrivata a settantanove anni e ne ho viste di cose, ma non posso sopportare che questi giovani mandino in rovina la nostra famiglia. È molto meglio morire. Fra dieci minuti si cena e questi
continuano a mangiare piselli abbrustoliti. Finiranno per mangiarci la casa, per ridurci in miseria”.
La sua bisnipote Seilibbre, che proprio in quel momento stava correndole incontro con una manciata di piselli in mano, capì al volo che tirava cattiva aria e scappò sull’argine del fiume, nascondendosi dietro un albero della cera. Poi, sporgendo da dietro il tronco la testolina ornata da due piccoli ciuffi di capelli, gridò forte: "Pellaccia dura”.
La vecchia Novelibbre, nonostante la veneranda età, ci sentiva ancora molto bene, ma, assorta nei suoi pensieri, non fece caso alle parole della bimba e continuò a borbottare tra di sé: “Ogni generazione è peggio di quella di prima”.
Nel villaggio c’era un uso un po’ strano: le donne che partorivano si divertivano a prendere le bilance ed a pesare i neonati e poi usavano il numero di libbre come nomignolo per i bambini.
Da quando aveva compiuto i cinquant’anni la vecchia Novelibbre aveva cominciato a cambiar carattere e ad inacidirsi, ad osservare che ai suoi tempi le cose andavano meglio, che non faceva così caldo e che anche i piselli erano più teneri. Insomma, il mondo moderno non le andava proprio bene. Per non dire poi che Seilibbre pesava alla nascita tre libbre in meno del bisnonno ed una libbra in meno di suo padre Settelibbre. Questo era un esempio concreto che non si poteva assolutamente contestare. E così continuava a ripetere instancabilmente: “Ogni generazione è peggio di quella di prima”.
La moglie di suo nipote
Settelibbre, che stava portando in tavola un vassoio di riso, lo sbattè giù di malagrazia e rispose molto seccata: “Stai ricominciando con questa storia, nonna? La bambina è nata di sei libbre e dodici once, d’accordo. Ma voi, in famiglia, usate bilance fatte in casa, tarate a diciotto once. Se avessimo usato le bilance che usano tutti, tarate a sedici once, avremmo trovato che la bambina pesava sette libbre abbondanti. Del resto non credo affatto che il bisnonno ed il nonno pesassero veramente otto o nove libbre. Forse le bilance che usavano allora erano tarate a quattordici once”.
“Ogni generazione è peggio di quella di prima” replicò la vecchia.
Prima di poterle rispondere, la signora Settelibbre vide improvvisamente suo marito spuntare all’estremità del vialetto e scaricò su di lui la propria irritazione: “Disgraziato, com’è che ritorni a casa solo adesso? Dove sei stato finora? Non t’importa niente che qui a casa stiamo aspettando proprio te per la cena?”.
Anche se abitava in un villaggio di contadini, il signor Settelibbre s’era sempre ingegnato di volare un po’ più alto. A partire da suo nonno fino a lui, per tre generazioni, nessuno, in casa, aveva mai preso in mano una zappa. Come già aveva fatto suo padre pilotava una barca da trasporto con cui ogni giorno faceva andata e ritorno fino alla città di Luzhen, partendo di primo mattino e tornando a casa verso sera. Di conseguenza era
ben informato di tutto. Sapeva, ad esempio, dove il dio del tuono aveva squartato lo spirito del millepiedi e dove una vergine aveva partorito una specie di demone notturno.
Sebbene il signor Settelibbre godesse di un certo prestigio tra la gente del villaggio e si fosse già creato una solida reputazione tra i compaesani, la sua famiglia conservava ancora le vecchie abitudini contadine e non vi si accendevano le lampade per cena. Così, quando il signor Settelibbre ritornava a casa che stava già facendo buio erano dolori.
Tenendo in mano la sua pipa di bambù dello Xiangfei, lunga oltre sei piedi, con il bocchino d’avorio ed il fornello in peltro, Settelibbre venne avanti lentamente, con la testa bassa, e si lasciò cadere su una seggiola.
Seilibbre approfittò della situazione per scivolare fuori dal suo nascondiglio ed accovacciarsi accanto al padre. Gli disse anche qualcosa, ma lui non le prestò attenzione.
“Ogni generazione è peggio di quella di prima” borbottò la vecchia Novelibbre.
Settelibbre sollevò lentamente la testa e mormorò con un sospiro: “L’imperatore è risalito sul Trono del Drago”.
La signora Settelibre rimase un lungo istante senza parole, poi, d’improvviso, come in trance, sembrò aver
capito: “Può essere un bene. L’imperatore concederà un’amnistia, non è vero?”.
“Non ho più il codino” gemette Settelibbre.
“L’imperatore esige il codino?”
“Lo esige”.
“Come fai a saperlo?” chiese in fretta la signora Settelibbre, tutta agitata.
“Alla Locanda della Prosperità tutti dicono che lo vuole”.
Al sentir questo, la signora Settelibbre percepì d’istinto che non si trattava di una diceria senza fondamento perché la Locanda della Prosperità era un posto dove c’era sempre gente bene informata. Gettò un’occhiata alla testa pelata e luccicante di suo marito e non potè sottrarsi ad una sensazione di dispetto: le faceva pena e
rabbia nello stesso tempo.
Poi, d’un tratto, si alzò, riempì ben bene di riso una scodella e la posò con gesto deciso dinanzi a Settelibbre dicendogli: “Affrettati a mangiare. Non ti vergogni a piangere? È così che pensi di farti ricrescere il codino?”.
Gli ultimi raggi di sole erano svaniti e ,sulla superficie del fiume, l’acqua, sempre più scura, andava raffreddandosi. Sul terrapieno si sentiva rumore di scodelle e di bacchette e le schiene della gente gocciolavano di sudore.
La signora Settelibbre aveva appena finito la terza scodella di riso quando, alzando per caso lo sguardo, vide qualcosa che la fece sobbalzare. Tra le foglie degli alberi si vedeva infatti avvicinarsi la figura corta e panciuta del vecchio signor Zhao, che aveva appena attraversato la passerella. Ed il signor Zhao indossava un’elegante tunica di cotone azzurro lunga fino ai piedi.
Il vecchio signor Zhao era il proprietario della Trattoria dell’Abbondanza nel villaggio vicino ed era anche, in un raggio di dieci miglia all’intorno, l’unico notabile che avesse un briciolo di istruzione. Il fatto di sapersi letterato gli dava quell’aspetto un po’stantio proprio di un uomo di un’altra epoca. Egli possedeva una dozzina di volumi del “Romanzo dei Tre Regni”, commentato da Jin Shengtan, e si metteva di frequente a leggerli con estrema attenzione, uncarattere dopo l’altro, cosicché era in grado non solo di snocciolarvi nomi e
cognomi dei cinque generali conosciuti come “Le Tigri”, ma addirittura diprecisarvi che Huang Zhong era noto con il soprannome di Han Sheng mentre Ma Chao era detto anche Meng Qi. Dopo la Rivoluzione aveva attorcigliato il codino in cima alla testa alla maniera dei monaci taoisti e spesso osservava sospirando che, se Zhao Zi Long fosse stato ancora in vita, il mondo non sarebbe andato così male come stava andando.
La signora Settelibbre aveva la vista buona e notò subito che quel giorno il vecchio Zhao non era più acconciato alla maniera di un monaco taoista, ma che la sua testa era rasata e che un codino di un nero brillante gli pendeva dalla nuca. Ebbe allora la certezza che un imperatore sedeva di nuovo sul Trono del Drago, che il codino era di nuovo obbligatorio e che suo marito era nei guai.
Il vecchio Zhao infatti non indossava mai senza valide ragioni la tunica di cotone lunga fino a piedi. Nel corso degli ultimi tre anni se l’era messa indosso solo due volte: la prima volta era stata quando s’era ammalato il suo arcinemico A Si il butterato, la seconda volta quando era morto il vecchio Lu che, tempo prima, gli aveva
sfasciato la locanda. Questa era la terza volta ed un tal gesto doveva di certo significare qualcosa di buono per lui e di sfavorevole per i suoi nemici.
La signora Settelibbre si ricordò che, due anni prima, suo marito, in preda ai fumi dell’alcool, aveva dato della
“carogna” al signor Zhao e si rese conto immediatamente del pericolo che incombeva sul povero Settelibbre.
Il suo cuore prese a battere furiosamente.
Mentre il vecchio signor Zhao veniva avanti per il sentiero, tutti coloro che erano seduti a mangiare si
alzavano ed indicando con le bacchette le proprie scodelle lo invitavano: “Signor Zhao, ci faccia l’onore di cenare con noi”. Ma il signor Zhao proseguiva per il suo cammino e, salutando ciascuno con un cenno del capo, rispondeva “Vi prego, vi prego, mangiate tranquilli”. In realtà stava puntando direttamente verso la tavola della famiglia Settelibbre.
I Settelibbre si alzarono in gran fretta per ossequiarlo, ma il signor Zhao disse loro con un sorrisetto:“Vi prego,
rimettetevi a sedere e continuate pure a mangiare”. Nel frattempo lanciava uno sguardo attento a ciò che stavano mangiando per cena.
“Quei piselli essiccati hanno un profumino delizioso. A proposito, avete sentito le ultime novità?”.
Il signor Zhao s’era piazzato proprio dietro alla sedia di Settelibbre , in faccia alla signora Settelibbre.
“L’imperatore è risalito sul trono” mormorò Settelibbre.
La signora Settelibbre guardava in faccia il vecchio Zhao sforzandosi di sorridere.
“Ora che l’imperatore è risalito sul trono, quando ci sarà l’amnistia?”.
“Il decreto d’amnistia dell’imperatore? Piano piano verrà anche quello. ” rispose il signor Zhao, ma improvvisamente il tono della sua voce si fece severo “ Piuttosto, come la mettiamo con il codino di Settelibre? Il codino. È questo il problema serio. Sapete di certo che cosa accadde ai tempi di quelli che volevano portare i capelli lunghi: “conservi i capelli e perdi la testa oppure conservi la testa e rinunci ai capelli”.
Settelibbre e sua moglie non avevano mai letto un libro in vita loro e così la dotta citazione storica andò completamente sprecata. Riuscirono però a capire che, se il signor Zhao, il quale era un uomo che aveva studiato, diceva queste cose la situazione doveva senz’altro essere molto grave, forse senza rimedio. Rimasero intontiti come se avessero appena ascoltato la propria condanna a morte. Sentivano un ronzio nelle orecchie e non riuscivano più a dire una parola.
“Ogni generazione è peggio di quella di prima” intervenne la vecchia Novelibbre, di nuovo contrariata, approfittando dell’occasione per rivolgersi al signor Zhao :“ I ribelli di oggi non sanno far altro che tagliare i codini della gente e così non si può più sapere se uno è buddista o taoista. I Capelloni di una volta, quelli erano tutt’altra cosa. Sono arrivata a settantanove anni e ne ho viste delle belle. I Capelloni di una volta avvolgevano con cura i loro capelli in reticelle rosse che gli scendevano giù fino alle caviglie. Il loro capo
portava reticelle di seta preziosa gialla e rossa che pendevano giù... seta gialla e rossa. Ne ho viste di cose in settantanove anni”.
La signora Settelibbre si levò in piedi e mormorò, come parlando a sé stessa: “Che cosa si può fare? Siamo parecchi in famiglia, grandi e piccoli, ed è il suo lavoro che ci fa mangiare”.
Il signor Zhao scosse il capo: “ Non c’è nulla da fare. Non portare il codino, è inutile negarlo, è un crimine che è stato previsto, preciso preciso, chiaro chiaro, in tutti i libri delle leggi. La famiglia a carico non è un’attenuante”.
Quando la signora Settelibbre sentì che tutto era scritto nei libri, perse ogni speranza.
Non riuscì più a controllarsi e fu presa da un’improvvisa rabbia contro Settelibbre. Agitandogli le bacchette dinanzi alla punta del naso, gli gridò: “ Ti sei scavato la fossa con le tue stesse mani, ora sarai contento! Quando ci fu la rivolta, non continuavo forse a ripeterti “non prendere la barca, non andare in città”? Ma
questo signore voleva a tutti i costi andare in città ed alla fine c’è andato. C’è andato e gli hanno tagliato il codino. Avevi un bel codino, nero e lucido, ma ora non si può più sapere se sei buddista o taoista. Questo
avanzo di galera se l’è proprio andata a cercare.Ma puoi dirmi perché hai dovuto metterci di mezzo anche noi? Disgraziato... delinquente...”.
Gli abitanti del villaggio vedendo giungere il signor Zhao s’erano affrettati a finire la loro cena ed ora facevano capannello intorno alla tavola ancora apparecchiata della famiglia Settelibre.
Ad un tratto Settelibbre si rese conto di quanto fosse isdicevole per un uomo stimato essere pubblicamente vilipeso dalla moglie in questo modo. Solo allora alzò piano piano la testa ed obiettò: “ Oggi hai tanto da dire, ma in quel momento...”.
“Farabutto... delinquente...”.
Tra tutti gli spettatori di questa scena la giovane vedova Ba Yi era quella che aveva più buon cuore. S’era trovata, con in braccio il suo bambinetto di due anni, nato dopo la morte del padre, proprio accanto alla signora Settelibbre nel momento della sfuriata ed aveva pensato che le cose stavano prendendo una brutta piega. Perciò aveva subito cercato di calmarla dicendole: “Signora Settelibbre, non se la prenda così! Non siamo esseri soprannaturali. Nessuno di noi può prevedere il futuro. Non ha detto anche lei in quei giorni che non c’era niente di male a tagliarsi il codino? Inoltre i funzionari della provincia non hanno ancora detto niente su questa faccenda...”.
La signora Settelibbre non la lasciò finire. Con le orecchie color rosso fiamma, girò le bacchette per puntarle diritto in faccia alla vedova Ba Yi e ruggì: “Davvero? E sarei io che avrei detto questo? Che cosa le viene in mente, signora Ba Yi? Mi guardi bene! Mi pare di essere ancora un essere umano. Come avrei potuto tirar fuori una così mostruosa idiozia? Io, allora, non ho fatto altro che piangere. Ho pianto per tre giorni interi. Mi hanno visto tutti. Piangeva persino questa povera anima di Seilibbre..”.
La piccola Seilibbre, che aveva appena vuotato una grossa scodella di riso, cominciò a strillare perché ne
voleva un’altra.
La signora Settelibbre, che era già fuori di sé, abbassò violentemente il braccio e le sbattè le bacchette sulla
testa, proprio in mezzo ai due ciuffetti di capelli, sgridandola ad alta voce: “Che cosa sono queste urla, piccola selvaggia?”
La scodella vuota sfuggì di mano a Seilibbre e, cadendo a terra, finì, proprio come se non ci fosse stato nessun altro posto in cui cadere, sullo spigolo di un mattone. Si udì il rumore secco di qualcosa che si rompe ed un grosso pezzo del bordo della scodella schizzò via.
Il signor Settelibbre saltò su a raccogliere i pezzi della scodella rotta per vedere se si potevano ancora rimettere insieme e, visti i danni, urlò: “Disgraziata”.
Seilibbre si beccò dalla madre un ceffone che la stese per terra e rimase lì a piangere finché la vecchia Novelibbre non la prese per mano e non la portò via con sé borbottando: “Ogni generazione è peggio di quella di prima”.
La vedova Ba Yi, scandalizzata, protestò ad alta voce: “ Signora Settelibbre! Come può picchiare un bambino?”.
Il signor Zhao aveva assistito sorridendo a tutte queste scene, ma si era irritato quando la vedova Ba Yi
aveva affermato che i funzionari della provincia non avevano ancora detto nulla a proposito del codino. Girò perciò intorno alla tavola per avvicinarsi alla vedova Ba Yi ed una volta che fu a qualche passo da lei le chiese: “ Ma che cosa le importa che abbiano picchiato la bambina? Tra poco saranno qui i soldati dell’imperatore. Dovete sapere che adesso chi sostiene l’impero è il generale Zhang , che discende dal famoso Zhang Fei De di Yan. Ha una lancia lunga diciotto piedi, con la lama ondulata , ed ha il coraggio di affrontare da solo diecimila uomini. Chi potrà fermarlo?”.
E, sollevate insieme le due mani come se stesse impugnando un’enorme lancia con la lama ondulata, fece finta di scagliarsi sulla vedova Ba Yi urlando: “ Lo ferma lei ?”.
La signora Ba Yi, che si teneva stretto in braccio il bambino, era ancora sconvolta dallo schiaffone che aveva visto affibbiare a Seilibbre. Vedendosi piombare addosso all’improvviso il signor Zhao, con la faccia tutta gocciolante di sudore e gli occhi spiritati, si prese uno spavento tremendo, e, voltatasi di scatto, si allontanò in gran fretta, senza più osar dire una sola parola.
Gli abitanti del villaggio criticavano la signora Ba Yi per aver messo il naso in cose che non la riguardavano, ma, mentre si spostavano per far strada al signor Zhao, alcuni uomini che si erano fatti tagliare il codino e che , in quei giorni, avevano appena cominciato a farselo ricrescere, si nascosero in fretta dietro agli altri perché non li vedesse. Ma il signor Zhao passò fra la gente senza fare troppa attenzione a chi gli stava intorno ed in un attimo fu dietro il vialetto alberato. Dopo aver ripetuto ancora una volta, a guisa di saluto,
“Se credete di poterlo fermare...”, attraversò la passerella e si perse in lontananza.
Gli abitanti del villaggio rimasero lì basiti rendendosi conto tutti quanti che non potevano avere nessuna speranza di fermare Zhang Fei De. Di conseguenza decisero che Settelibre andava già considerato praticamente morto. Ora che si era scoperto che Settelibbre era un delinquente, trovarono che prima, quando raccontava alla gente le notizie della città, avrebbe fatto meglio a non fumare la sua lunga pipa con quell’aria di ostentata superiorità e non poterono non provare una certa soddisfazione nel vedere come era
andata a finire. Avrebbero voluto discutere a lungo di questa storia, ma non sapevano che cosa dire. Inoltre nubi di moscerini sbattevano con un ronzio continuo contro le loro braccia nude per poi volare a rifugiarsi sotto gli alberi. Perciò, alla fine, anch’essi piano piano si dispersero per ritornare alle loro case, chiusero le porte ed andarono a dormire.
Brontolando, la signora Settelibre raccolse i piatti, i tavolini e le seggiole e riportò tutto in casa. Poi chiuse la
porta ed andò anche lei a letto.
Il signor Settelibbre, dopo aver riportato dentro la scodella rotta, si sedette sulla soglia di casa a fumare, ma era così agitato che dimenticò di tirare la sua pipa di bambù dello Xianfei lunga più di sei piedi con il bocchino d’avorio e la brace nel fornello di peltro a poco a poco si spense.
Settelibre sentiva, nel suo intimo, che la situazione era molto, molto pericolosa e cercava disperatamente di trovare una via d’uscita, di pensare ad un piano di salvezza, ma tutto gli pareva estremamente confuso e non riusciva a concentrarsi su un solo pensiero coerente: “ Il codino? Sì, il codino... La lancia lunga diciotto piedi con la lama ondulata...Ogni generazione è peggio di quella di prima! L’imperatore siede di nuovo sul Trono del Drago...Devo portare in città la scodella rotta per farla riparare...Chi potrà fermarlo?...Sta tutto scritto, preciso preciso, nei libri... Disgraziata! ...”
Il giorno dopo, di primo mattino, Settelibbre, come di consueto, prese la barca ed andò a Luzhen, da dove ritornò verso sera con la sua pipa di bambù dello Xianfei, lunga più di sei piedi, e con la scodella. A cena, raccontò alla vecchia Novelibbre che aveva fatto riparare la scodella in città. Poiché ne era saltato via un gran pezzo, c’erano volute ben sedici graffette per ripararla. Al prezzo di tre soldi l’una, aveva fatto quarantotto soldi in tutto.
La vecchia Novelibbre gli rispose con malagrazia: “Ogni generazione è peggio di quella di prima. Ho vissuto abbastanza. Tre soldi per una graffetta! E fossero almeno come quelle di una volta...le graffette di una volta
erano...ah, ho vissuto settantanove anni”.
Sebbene Settelibbre continuasse regolarmente a recarsi ogni giorno in città, la sua casa era ora molto meno frequentata. La maggior parte dei compaesani lo evitavano e non venivano più a domandargli quali novità ci fossero in città. Anche la signora Settelibbre era sempre di cattivo umore e continuava a chiamarlo “avanzo di galera”.
Quasi due settimane dopo, tornando a casa la sera dalla città, Settelibbre trovò la moglie di ottimo umore.
“Hai sentito qualcosa in città?”gli domandò.
“No, non ho sentito niente”.
“Sai se l’imperatore è veramente risalito sul trono?”.
“Nessuno ne parlava”.
“Alla Locanda della Prosperità non hai sentito nessuno che ne dicesse qualcosa?”.
“Neppure lì ne hanno parlato”.
“Credo proprio che l’imperatore non sia risalito sul trono. Oggi sono passata davanti alla locanda del signor Zhao e l’ho visto seduto a leggere. Aveva di nuovo il codino arrotolato in cima alla testa e non indossava la tunica lunga fino ai piedi.”.
Ci fu un attimo di silenzio.
“Pensi che l’imperatore risalirà sul trono?” domandò infine Settelibbre.
“Credo proprio di no”.
Oggi il signor Settelibbre è di nuovo rispettato e trattato come si deve dalla moglie e dai compaesani.
Quando arriva l’estate, tutta la famiglia continua come prima a mangiare sulla piazzuola in terra battuta dinanzi alla soglia di casa e , vedendoli, tutti li salutano sorridendo.
La vecchia Novelibbre ha compiuto da un po’ di tempo gli ottant’anni e continua a lamentarsi, ma è sempre sana come un pesce.
I ciuffetti di capelli della piccola Seilibbre si sono ormai trasformati in una folta treccia. Anche se hanno cominciato a bendarle i piedini, può ancora aiutare la signora Settelibbre nei lavori di casa e zampetta avanti e indietro sulla piazzuola in terra battuta, a passettini incerti, tenendo in mano la sua scodella riparata con sedici graffette.
(Traduzione di Giovanni Gallo)
11 giugno 2012
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