CAPITOLI LXI-LXX
LXI
Un grande Stato dev’essere come il fondovalle,
dove confluiscono tutti i
torrenti,
come l’oceano, in cui sfociano tutti i fiumi della terra.
Esso deve rappresentare nel mondo l’elemento femminile. (1)
Grazie alla sua inazione, che la fa restare sottomessa,
la donna finisce sempre col prevalere sul maschio.
È così che i grandi Stati possono conquistare i piccoli Stati
solo abbassandosi
ed i piccoli Stati possono diventar parte dei grandi Stati
solo cedendo ad essi.
Infatti, gli uni si abbassano per espandersi,
gli altri cedono per far parte di una realtà più grande.
Un grande Stato tende ad accrescere le proprie risorse
e la propria popolazione.
Un piccolo Stato ambisce ad entrare in una sfera politica più rilevante
e ad ampliare i rapporti dei suoi cittadini con gli altri.
Perché ciascuno dei due ottenga ciò che desidera
è necessario che i grandi accettino di abbassarsi. (2)
NOTE
(1) Paradossalmente, il Taoismo ci insegna che la vera forza non sta
nell’aggressività maschile, bensì nella remissività femminile. È la disposizione a sottomettersi, ad accettare, a trovare un accomodamento che alla fine disarma la violenza e rende mite anche l’energumeno più scatenato. In questo ordine di idee, anche l’espansione di un grande Stato può trovare nella capacità di accogliere umilmente l’apporto di Stati più piccoli un fondamento più saldo e duraturo della semplice conquista.
(2) Interpretando l’espressione 大 者 (“dà zhĕ”), che figura nell’ultimo verso, semplicemente come “i grandi” e non come “ i grandi Stati” (大 國 “dà guó”), si pone meglio in rilievo che tutti indistintamente devono abbassarsi per ottenere i fini desiderati: i grandi Stati devono essere pronti ad accettare i piccoli su un piede di parità, senza imporre loro il proprio arbitrio, ed i piccoli devono, da parte loro, essere pronti a compiere notevoli sacrifici: la perdita dell’indipendenza, la rinuncia del sovrano e dei notabili al loro rango ed ai loro privilegi, etc.
LXII
La Via è il rifugio di tutti gli esseri.
È il tesoro dei buoni
e la difesa dei malvagi.
Le belle parole ci possono rendere più rispettati tra la gente.
Le azioni dignitose possono apportarci maggiore onore.
Ma i malvagi non devono nemmeno loro essere abbandonati. (1)
Perciò il giorno in cui ascende al trono un nuovo imperatore
o vengono insediati nei loro uffici i tre principali ministri, (2)
quando i dignitari scendono dai loro cocchi di quattro cavalli (3)
e vengono a rendere omaggio tenendo in mano dischi di giada, (4)
non sarebbe forse meglio rimanere tranquilli a casa propria
ed occuparsi di progredire nel rispetto della Via?
Perché gli antichi stimavano tanto la Via?
Non dicevano forse che, grazie ad essa,
chi cerca, ottiene,
chi ha sbagliato, è liberato dalle sue colpe?
Per questo la Via è la pìu preziosa di tutte le cose.
NOTE
(1) Chi segue la Via agisce come la natura, che si occupa, senza discriminazioni, dei buoni e dei malvagi. È interessante notare le frequenti
consonanze dell’insegnamento taoista con le massime del Vangelo. Leggendo questo passo viene infatti in mente Matteo ( 5,44): “Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siete i figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sora i giusti e sopra gli ingiusti”.
(2) L’espressione 三 公 (“sān gōng”, “i tre duchi”) fu usata sotto la dinastia Zhōu 周 朝 per indicare le tre più alte cariche dello Stato dopo l’Imperatore. Non si è però potuto accertare con esattezza a quali autorità questa espressione si riferisse. Secondo alcuni si trattava del Ministro della
Guerra 司 馬 “sĪmă”, del Ministro dell Educazione 司 徒 “sītú” e del Ministro dei Lavori Pubblici 司 空 “sīkōng”. Secondo altri si trattava invece del Gran Consigliere 太 傅 “tàifù”, del Gran Precettore 太 師 “tàishī” e del Gran
Guardiano太 保 “tàibăo”.
(3) Esattamente come oggi, anche ai tempi di Lăo Zĭ il rango dei
dignitari si poteva indovinare dal numero di “cavalli” di cui disponevano le
loro “carrozze”. Una carrozza a quattro cavalli indicava già un grado piuttosto elevato, se si ricorda la poesia di Lĭ Bái “ La Ballata della Primavera” da cui risulta che un governatore provinciale utilizzava una carrozza a cinque cavalli.
(4) I 璧 “bì”, dischi di giada con un foro nel mezzo, erano nei tempi più
antichi simbolo di autorità. Gli alti funzionari li tenevano in mano durante le cerimonie solenni.
LXIII
Il saggio agisce senza agire,
opera senza operare,
è saporito senza avere sapore.
Per lui grande e piccolo si equivalgono,
tra molto e poco non v’è alcuna differenza.
Ripaga il male sofferto con le buone azioni.
Affronta le difficoltà non appena sorgono,
i grandi problemi quando sono ancora piccoli,
perché in questo mondo
le cose complicate vanno trattate
quando sono ancora semplici,
gli affari importanti vanno sbrigati
quando sono ancora insignificanti.
Perciò il saggio perviene alla grandezza
senza mai aver dovuto fare nulla di grande.
Chi promette alla leggera non è di certo affidabile,
colui che vede tutto facile
è certamente colui che troverà tutto difficile.
Il saggio non sottovaluta mai le difficoltà,
così, alla fine , non trova mai nulla difficile.
LXIV
Ciò che non si muove ancora è facile da tener fermo.
Ciò che non si è ancora manifestato è facile da prevenire.
Ciò che è ancora fragile è facile da spezzare.
Ciò che è ancora minuscolo è facile da dissolvere.
Perciò,
affrontate i problemi prima che diventino evidenti,
controllate una situazione prima che nasca il disordine,
perché
l’albero di cui ci dobbiamo mettere insieme per cingere il tronco
si è sviluppato da una pianticella sottile come un capello,
la torre di nove piani è nata da un pugno di terra,
il viaggio di mille leghe è cominciato con un passo.
Chi agisce non raggiunge il suo intento.
Chi afferra le cose se le vede sfuggire.
Perciò il saggio non agisce e non fallisce,
non afferra e non viene spossessato.
La gente spesso vede naufragare le proprie imprese
nel momento stesso in cui stanno per avere successo.
Siate cauti alla fine come all’inizio e non fallirete.
Perciò il saggio ambisce all’assenza di ambizioni,
non insegue le cose difficili da ottenere (1),
studia senza studiare.
Egli si volta a guardare ciò a cui la gente passa oltre, (2)
per aiutare il mondo a ritrovare sé stesso,
e non si avventura ad agire.
NOTE
(1) Le “cose difficili da ottenere” possono essere sia gli oggetti preziosi e costosi sia i beni che si possono conseguire solo mediante uno sforzo
straordinario. Il saggio non desidera né gli uni né gli altri: i primi perché
non è ambizioso e non ama il lusso; i secondi perché l’attività sfrenata
necessaria per aquisirli contrasta con la regola del “non agire”.
(2) Scindendo questo verso in due frasi : 復 “fù”, cioè “(il saggio) si volta (a guardare”) e 眾 人 之 所 過 “zhòng rén zhī suŏ guò”, cioè “la moltitudine passa oltre”, si ottiene un’affermazione pienamente conforme alla dottrina taoista: i valori del saggio non coincidono con quelli della folla. Tuttavia, anche leggendo il verso come una sola frase, il significato sostanzialmente non cambia: (il saggio) fa ritornare (verso i veri valori) la moltitudine che era passata oltre”.
LXV
Anticamente, i saggi che seguivano la Via
non si sforzavano di istruire il popolo,
ma cercavano di mantenerlo ignorante.
Quante più cose infatti il popolo sa,
tanto più difficile risulta governarlo.
Perciò governare uno Stato
cercando di diffondere la conoscenza
è come farlo cadere nelle mani dei briganti.
Governarlo senza ricorrere al sapere
è procurarne la fortuna e la prosperità.
Essere capaci di percepire questa differenza
è governare con cognizione e giudizio.
Di chi governa con cognizione e giudizio
si può dire che possiede un potere arcano.
Questo potere misterioso è profondo, lontano,
del tutto diverso da qualsiasi altra cosa.
Così si torna indietro.
Così si ritorna alla Grande Armonia.
LXVI
Come sono riusciti i fiumi ed il mare
a dominare gli innumerevoli torrenti?
Con l’accorgimento di stare al di sotto.
Ecco come hanno potuto dominarli.
Perciò il saggio,
se desidera essere più in alto degli altri,
deve dichiararsi più umile di tutti gli altri,
se desidera precedere gli altri,
deve accontentarsi di seguirli.
In questo modo il saggio
sta al di sopra del popolo
e non lo opprime per nulla,
cammina davanti al popolo
e non lo conduce al disastro.
Per questo la gente
si ritira volentieri
di fronte a lui
e non si sente offesa.
Il saggio non compete con nessuno
e proprio per questo
nessuno al mondo è in grado
di competere con lui.
LXVII
Tutti dicono che la Via è vasta
ma sembra impraticabile.
Proprio perché é vasta
essa sembra impraticabile.
Se sembrasse praticabile
non sarebbe da tempo
divenuta piccola?
Tre sono i nostri tesori.
Appropriatene e conservali!
Il primo è l’amore per gli altri.
Il secondo è la frugalità.
Il terzo è l’umiltà,
che ci trattiene
dall’ambire al primato.
L’amore per gli altri
rende coraggiosi
La frugalità
rende generosi.
L’umiltà, che ci
libera dall’ambizione,
ci permette
di guidare gli altri.
Ma oggigiorno
si vuole essere coraggiosi
senza amare gli altri,
si vuole essere generosi
senza essere frugali,
si vuole comandare
senza essere umili
e ciò conduce alla morte.
Senza l’amore per gli altri
non si può lottare né vincere,
non ci si può difendere
né conservare ciò che si possiede.
Quando il Cielo vuole aiutare qualcuno
gli accorda il dono dell’umanità.
LXVIII
Il buon guerriero non è impaziente di combattere.
Il buon soldato non perde mai la sua compostezza.
Il buon stratega vince senza accettare battaglia.
Il buon comandante sembra seguire i suoi uomini.
È questo che si intende
quando si parla del potere che nasce dal non lottare,
quando si parla di come si fa a servirsi degli uomini,
quando si parla di come si riesce a raggiungere il Cielo.
Questa era l’eccellenza degli antichi saggi.
LXIX
Dicono gli strateghi:
“ Se non mi sento in grado di prendere l’iniziativa,
è meglio che io aspetti le mosse dell’avversario;
se non mi sento in grado di avanzare di un pollice,
è preferibile che io retroceda di un passo intero”.
Ciò significa
manovrare senza muoversi,
resistere senza lottare,
combattere senza dar battaglia,
far la guerra senza afferrare le armi.
Il peggior disastro per un generale
è attaccare e non trovare il nemico.
Un nemico che sfugge alla battaglia
lo mette in pericolo di perdere tutto.
Ecco perché quando due eserciti si affrontano
è il meno bellicoso dei due quello che vince. (1)
NOTA
(1) Tutta la storia militare, dalla spedizione di Annibale alla campagna di Napoleone in Russia, è piena di esempi che confermano la validità dei precetti strategici sopra enunciati.
LXX
Le mie parole sono molto facili da capire
e da mettere in pratica,
eppure non c’è nessuno che riesca a capirle
né a metterle in pratica.
Nondimeno,
le mie parole non nascono dal nulla,
le mie azioni non sono immotivate.
Se la gente non riesce a capire le mie parole,
non riesce a capire neppure me.
Ma proprio il fatto che pochi mi capiscono
accresce il mio valore.
Sotto i suoi abiti modesti
il saggio nasconde
monili di giada.
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