CAPITOLO 7
Yuán Shào affronta Gōngsūn Zàn sul fiume Pàn
Sūn Jiān attraversa un fiume per attaccare Liú Biăo
I. Come abbiamo visto, Sūn Jiān era stato circondato dalle truppe di Liú Biăo. Per sua fortuna, i tre generali Chéng Pŭ, Huáng Gài e Hán Dăng combatterono fino allo stremo delle loro forze per salvarlo e permettergli di
fuggire. Pur perdendo più della metà del loro esercito, riuscirono a disimpegnarsi dal nemico ed a ritornare nel Jiāndōng. Da quel momento nacque tra Sūn Jiān e Liú Biăo una fiera inimicizia.
II. Ritorniamo ora a parlare di Yuán Shào.
Le sue truppe, stazionate nel Hénèi, cominciavano a mancare di viveri e, per rifornirle, egli aveva preso accordi con il governatore di Jìzhōu , Hán Fù, che stava ammassando, a questo fine, grandi quantità di cereali.
Il consigliere Féng Jì rimproverò Shào : “Nella vostra posizione, un uomo di polso saprebbe come imporre il proprio volere in tutto il Paese, senza bisogno di ricorrere alla buona volontà altrui per garantirsi i rifornimenti. Jìzhōu è una regione ricca e fertile. Perché non fate in modo di procurarvi direttamente da essa i rifornimenti di cui avete bisogno?”.
“Come dovrei fare?”gli domandò Shào, un po’sconcertato.
“È semplice.”gli rispose Jì “ Mandate un messaggio urgente e confidenziale a Gōngsūn Zàn , facendogli sapere che, se decidesse di attaccare Jìzhōu , voi sareste disposto ad aiutarlo invadendo Jìzhōu dal lato in cui avete una frontiera comune con questa provincia. Si tratta della classica manovra a tenaglia. Sono sicuro che Zàn si
dichiarerà d’accordo. Hán Fù non saprà come resistere all’offensiva di Zàn e vi proporrà un’allenza difensiva, invitandovi ad entrare con le vostre truppe nel suo territorio per aiutarlo nella difesa. Una volta dentro, il gioco è fatto. Potrete fare tutto ciò che vorrete.”
III. Shào accettò con piacere il suggerimento ed inviò subito una lettera a Zàn , il quale, come ricevette il
messaggio e comprese che gli veniva proposta una spedizione congiunta contro Jìzhōu, cui avrebbe fatto seguito una spartizione del territorio conquistato, ne fu assai soddisfatto e cominciò, il giorno stesso, a mobilitare le proprie truppe.
Contemporaneamente Shào inviò un messaggero anche a Hán Fù per informarlo, confidenzialmente, delle intenzioni ostili di Gōngsūn Zàn.
Fù convocò in gran fretta i suoi due consiglieri Xún Chén e Xīn Píng per esaminare la situazione.
Chén osservò: “ Zàn è in grado di mobilitare forze assai consistenti nelle regioni di Yān e di Dài. Avanzerà rapidamente e ci attaccherà prima che ci sia possibile raccogliere forze sufficienti per fermarlo. Inoltre, sarà aiutato da Liú Bèi, Guān e Zhāng. Per noi sarà difficile resistergli. Yuán Bĕnchū è un uomo estremamente
capace e coraggioso ed è coadiuvato da molti generali ed ufficiali di grande reputazione. Se lo invitaste ad organizzare insieme con voi la difesa di Jìzhōu , potreste contare su un buon amico e su un alleato fidato e non dovreste più preoccuparvi delle mire di Gōngsūn Zàn ”.
IV. Hán Fù inviò subito il suo assistente Guān Chún a negoziare l’intervento di Yuán Shào, nonostante le obiezioni del suo primo segretario Gĕng Wŭ, il quale gli fece osservare: “ Yuán Shào ed il suo esercito si ritrovano oggi soli ed isolati e contano sul nostro aiuto proprio come un neonato che, per muoversi, deve essere preso in braccio. Se si toglie ad un neonato il latte materno, morirà di fame. Date queste premesse, come potete mai pensare di affidargli la nostra difesa? Sarebbe come introdurre una tigre in mezzo ad un gregge di pecore”.
Fù rispose: “In primo luogo, io ho servito in passato la famiglia Yuán. In secondo luogo, so di non avere le
qualità di Bĕnchū . Gli antichi solevano scegliere uomini di talento ed affidarsi alle loro capacità. Perché siete tutti così gelosi?”.
Gĕng Wŭ sospirò: “Questa decisione segna la fine di Jìzhōu".
Dopo di ciò, più di trenta alti funzionari si dimisero dai loro posti e si allontanarono dalla città, tranne
Gĕng Wŭ e Guān Chún, che si nascosero nei sobborghi, in attesa dell’arrivo di Yuán Shào .
V. Qualche giorno dopo, Yuán Shào arrivò a Jìzhōu con le sue truppe. Quando lo videro avvicinarsi, Gĕng
Wŭ e Guān Chún saltarono fuori dal loro nascondiglio, con le spade sguainate, e si gettarono su di lui per ammazzarlo, ma furono bloccati dal generale Yán Liáng, che uccise Gĕng Wŭ, e da Wén Chŏu, che abbattè Guān Chún.
Entrato in Jìzhōu , Shào conferì a Fù l’altisonante titolo di “Grande e Potente Generale”, ma attribuì a Tián Fēng, Jŭ Shòu, Xŭ Yān e Féng Jì tutti i poteri effettivi per l’amministrazione di Jìzhōu , privando così Hán Fù di qualsiasi autorità. Tutto accadde così in fretta che Hán Fù non ebbe nemmeno il tempo di pentirsi della sua decisione. In men che non si dica, fu costretto a lasciare moglie e figli ed a rifugiarsi, solo come un cane, presso Zhāng Miăo, governatore di Chénliú.
VI. Nel frattempo Gōngsūn Zàn , venuto a sapere che Yuán Shào aveva già occupato Jìzhōu , gli aveva inviato il fratello minore Gōngsūn Yuè per definire le modalità della spartizione del territorio.
Shào disse a Gōngsūn Yuè: “ Sarebbe meglio che tuo fratello venisse a trovarmi personalmente. Sono
questioni che preferirei discutere direttamente con lui”.
Yuè prese congedo e se ne andò, ma non aveva ancora percorso venticinque chilometri, quando apparve al margine della strada un drappello di cavalieri, i quali, urlando: “Siamo le guardie del Cancelliere Dŏng”, lo seppellirono sotto una grandinata di frecce.
Uno dei suoi aiutanti riuscì a fuggire ed a ritornare da Gōngsūn Zàn , al quale riferì che Yuè era stato ucciso in un agguato.
Zàn si infuriò: “ Shào m’ha convinto ad attaccare Hán Fù per poter intrigare a Jìzhōu dall’interno ed ora ha fatto uccidere mio fratello, cercando di addossarne la colpa ai soldati di Dŏng Zhuó. Come posso vendicare
questa ingiustizia?”.
Raccolse il maggior numero possibile di soldati e si lanciò all’attacco di Jìzhōu.
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VII. Quando Shào venne a sapere che l’esercito di Zàn si stava avvicinando, gli andò incontro con le sue truppe.
I due eserciti vennero a contatto presso il fiume Pán. Le truppe di Shào si trovavano ad est del ponte che attraversava il fiume, le truppe di Zàn ad ovest.
Zàn fermò il cavallo in mezzo al ponte ed urlò a Shào : “Ingrato! Come hai potuto tradirmi?”.
Shào galoppò anche lui fino all’imboccatura del ponte e rispose: “È semplicemente successo che Hán Fù non
era in grado di governare la regione di Jìzhōu ed ha preferito cederla a me. A te, che cosa te ne importa?”.
Zàn replicò: “Una volta credevo che tu fossi una persona leale e fu per questo che ti proposi come comandante in capo Ma, ora che vedo cosa stai facendo, capisco che sei solo uno svergognato
traditore. Come puoi avere il coraggio di mostrarti ancora in giro tra la gente?”.
Shào urlò con rabbia: “Chi è disposto ad ammazzarlo?”
VIII. Prima ancora che avesse finito di parlare, Wén Chŏu drizzò la lancia e spronò il cavallo, lanciandosi al galoppo sul ponte.
Gōngsūn Zàn fu costretto a retrocedere, combattendo, fino all’inizio del ponte.
Dopo un breve scambio di colpi, Gōngsūn Zàn non fu più in grado di resistere e si diede alla fuga.
Wén Chŏu lo inseguì, ma Zàn cercò riparo dietro lo schieramento delle sue truppe. Allora Wén Chŏu sfondò al galoppo il centro dello schieramento nemico ed i due continuarono a combattere andando avanti e indietro. Quattro dei migliori ufficiali di Zàn si gettarono tutti insieme addosso a Wén Chŏu , ma questi ne uccise uno con un colpo di lancia e mise in fuga gli altri tre, poi riprese l’inseguimento di Zàn che fuggì dal campo di battaglia e cercò di trovare scampo infilandosi in una valle di montagna.
Wén Chŏu lo inseguiva al gran galoppo, urlando con voce stentorea: “Scendi dal tuo cavallo ed arrenditi”.
Una gragnuola di frecce si abbattè su Zàn ed il suo elmo cadde a terra. Con i capelli al vento, egli continuò a
galoppare disperatamente verso un’altura, ma il suo cavallo inciampò ed egli fu proiettato a terra. Wén Chŏu brandì la lancia e si scagliò con veemenza su di lui, ma, proprio in quel momento, apparve dal lato sinistro del pendio erboso un giovane ufficiale che, lancia in resta, si gettò al galoppo contro Wén Chŏu .
IX. Gōngsūn Zàn si arrampicò in cima all’altura per vedere meglio.
Il giovane ufficiale era alto più di un metro e ottanta ed aveva un corpo robusto, con il volto largo e la mascella marcata. Il suo aspetto era imponente.
Combattè a lungo con Wén Chŏu, senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere, finché non sopraggiunsero alcuni uomini di Zàn , accorsi in aiuto del loro capo. Allora Wén Chŏu fu costretto a voltare il cavallo e a ritirarsi.
Il giovane ufficiale non lo inseguì. Zàn discese in fretta dalla cima dell’altura e gli domandò chi fosse.
“Sono Zhào Yún di Zhēndìng.” rispose il giovane, inchinandosi” Il mio nome di cortesia è Zĭlóng. Ero un soldato agli ordini di Yuán Shào , ma, quando ho visto che Shào tradiva il proprio sovrano e trascurava il popolo, ho deciso di abbandonarlo e di passare al vostro servizio. Non mi aspettavo di trovarvi qui”.
Zàn ne fu molto contento, poi ritornò con Zhào Yún al proprio accampamento e cominciò a schierare le
truppe.
X. Il giorno seguente Zàn divise la propria cavalleria, schierandone una parte all’ala destra ed una parte all’ala
sinistra.
I cavalli erano più di cinquemila, in gran parte bianchi. Quando Zàn aveva partecipato alla campagna contro i Qiāng (1), si era procurato, per l’avanguardia da lui comandata, tutti i cavalli bianchi disponibili, meritandosi così il soprannome di “generale dei cavalli bianchi”.I Qiāng infatti avevano un sacro terrore dei cavalli bianchi e scappavano a gambe levate non appena li vedevano. Per questo motivo Gōngsūn Zàn disponeva ora di un enorme numero di cavalli bianchi.
Yuán Shào , da parte sua, ordinò a Yán Liáng e a Wén Chŏu di prendere ciascuno con sé, nell’avanguardia, uno sul fianco destro e l’altro sul fianco sinistro, mille arcieri. L’ala sinistra doveva bersagliare l’ala destra dell’esercito di Gōngsūn Zàn e l’ala destra doveva tirare sull’ala sinistra del nemico. Qù Yì fu posto al
centro dello schieramento, alla testa di quindicimila fanti ed ottocento arcieri. Shào comandava personalmente le riserve, costituite da parecchie decine di migliaia di fanti e di cavalieri.
X. Pur avendolo preso al proprio servizio, Gōngsūn Zàn non era ancora sicuro delle vere intenzioni di Zhào Yún. Perciò gli affidò il comando di un distaccamento della riserva e pose invece a capo delle truppe di prima linea il vecchio e fidato generale Yán Gāng. Zàn prese personalmente il comando del grosso dell’esercito e fece subito occupare il ponte. Fece innalzare accanto a sé, davanti al cavallo, una bandiera sulla quale, al centro di un cerchio scarlatto, figurava, tessuto con un filo d’oro, il carattere: “Comandante”.
I tamburi furono fatti rullare tra le otto e le nove del mattino, ma l’esercito di Shào cominciò ad avanzare soltanto due ore dopo.
Qù Yì aveva ordinato a tutti i suoi arcieri di proteggersi con gli scudi dalle frecce nemiche e di scoccare le loro
frecce solo dopo aver sentito il rumore dei razzi (2) lanciati contro il nemico.
Al rullo dei tamburi e con grandi urla, le truppe di Yán Gāng si lanciarono all’attacco di Qù Yì, ma quando i soldati di Yì videro venire avanti il nemico si misero tutti al riparo degli scudi e non si mossero. Solo quando i due eserciti si trovarono vicini e fu lanciata una salva di razzi, gli ottocento arcieri e balestrieri scoccarono tutti insieme le loro frecce. Gāng ordinò subito un ripiegamento, ma Qù Yì si gettò avanti al galoppo brandendo la spada e disarcionò il generale nemico.
Le truppe di Zàn stavano subendo una dura sconfitta. L’ala destra e l’ala sinistra avanzarono in soccorso del centro, ma furono bloccate dalle frecce degli arcieri comandati da Yán Liáng e da Wén Chŏu.
Il grosso dell’armata di Shào cominciò allora ad avanzare verso il ponte di Jiè. Qù Yì arrivò sul ponte al galoppo e, dopo aver abbattuto l’alfiere, si impadronì della bandiera di Gōngsūn Zàn e la fece a pezzi.
XII. Quando Gōngsūn Zàn vide che la bandiera con i ricami di seta era caduta ed era stata fatta a pezzi, voltò indietro il cavallo e galoppò fuori dal ponte.
Qù Yì guidò immediatamente una carica contro la retroguardia dell’esercito di Gōngsūn Zàn , ma incappò proprio in Zhào Yún che, drizzata la lancia, gli venne contro al galoppo e, dopo un breve combattimento, lo disarcionò con un colpo di lancia. Poi Zhào Yún si scagliò al gran galoppo sulle truppe di Shào , menando colpi a destra e a sinistra, senza che nessuno osasse affrontarlo. A questo punto, Gōngsūn Zàn lanciò un contrattacco e l’esercito di Shào fu posto in fuga.
XIII, Nel frattempo, Yuán Shào aveva mandato avanti un esploratore ad accertarsi di che cosa stava succedendo. Questi tornò a riferire che Qù Yì aveva vinto e stava ora inseguendo i nemici sconfitti. Yuán Shào ed il suo aiutante di campo Tián Fēng decisero di andare a vedere, senza prendere nessuna particolare precauzione, salvo una scorta di qualche centinaio di alabardieri e di qualche decina d’arcieri. Mentre cavalcavano, ridevano a gran gola dicendo:”Gōngsūn Zàn è veramente un incapace”.
XIV- Proprio mentre stavano parlando, si videro venire addosso Zhào Yún , che abbattè molti avversari, mentre gli arcieri gli scagliavano addosso una pioggia di frecce.
I soldati di Shào fuggirono. Nel frattempo, giunsero alle spalle le fanterie di Zàn e Shào si ritrovò completamente circondato.
Tián Fēng, spaventato, gli suggerÌ: “Vostra eccellenza dovrebbe nascondersi in una delle case diroccate che si vedono qui intorno”, ma Shào scagliò l’elmo a terra e rispose in modo deciso: “Un vero uomo affronta la morte in prima linea. Non sono disposto a nascondermi per cercare di salvarmi”.
Tutti i soldati rimasti con lui combatterono con la forza della disperazione e Zhào Yún non riuscì a sfondare le
loro difese.
Nel frattempo, un battaglione delle truppe di Shào che era rimasto di riserva e Yán Liáng alla testa di un altro
battaglione lanciarono un contrattacco a tenaglia.
Zhào Yún dovette difendere Gōngsūn Zàn, che era stato a sua volta circondato, combattendo duramente per aprirgli una via di scampo verso il ponte di Jiè.
Shào ordinò un attacco generale per tentare di riprendere il ponte, che fu oggetto di aspri combattimenti con
alterne vicende. Innumerevoli soldati caddero in acqua ed annegarono.
XV. Yuán Shào , alla guida dei suoi uomini, travolse il nemico e lo inseguì per circa due chilometri e mezzo, ma, all’improvviso, da dietro una collina si levò un grande urlo e spuntò fuori una schiera di combattenti alla cui testa marciavano tre uomini: Liu Xuándé, Guān Yúncháng e Zhāng Yìdé. Avendo sentito, mentre si trovavano a Píngyuán, che Gōngsūn Zàn e Yuán Shào stavano combattendo l’uno contro l’altro, s’erano affrettati a portare soccorso al loro amico Zàn.
Non appena scorsero Shào , i tre gli si lanciarono contro al gran galoppo, brandendo ciascuno le proprie armi. Nel vederli, Shào fu colto dal panico e la spada gli cadde di mano. Voltato in fretta il cavallo, si diede alla fuga.
I suoi uomini combatterono disperatamente per riuscire ad attraversare il ponte ed a correre in suo soccorso.
Gōngsūn Zàn raccolse le proprie truppe e ritornò all’accampamento.
Dopo l’abituale scambio di convenevoli con Xuándé, Guān e Zhāng, Zàn disse a Xuándé: “ Se non fossi arrivato tu da lontano a soccorrermi, è probabile che per me questa volta sarebbe finita male”.
Poi, li presentò a Zhào Yún . Xuándé e Zhào Yún simpatizzarono a prima vista e divennero rapidamente amici.
XVI. Yuán Shào, le cui truppe erano state respinte, rifiutò di dichiararsi vinto e di abbandonare il campo. I due eserciti rimasero a guardarsi per più di un mese.
Qualcuno informò della situazione Dŏng Zhuó, che chiese consiglio a Lĭ Rú. “Gōngsūn Zàn e Yuán Shào hanno dimostrato entrambi di essere due ottimi comandanti.” gli disse quest’ultimo “ Ora che si stanno affrontando sul fiume Pán, noi dovremmo far redigere, a nome dell’imperatore, un editto che li inviti a riconciliarsi e farglielo pervenire. Entrambi sono sudditi leali dell’imperatore ed obbediranno certamente ad un invito trasmesso loro dal primo ministro”.
Zhuó accolse con piacere il suggerimento e, il giorno seguente, incaricò il vice-primo ministro Mă Mìdī ed il ministro delle comunicazioni imperiali Zhào Qí di notificare personalmente agli interessati l’editto imperiale.
I due si misero in viaggio e giunsero nello Jiānbèi . Shào fece più di una cinquantina di chilometri per dar loro il benvenuto e ricevere l’editto imperiale. Il giorno successivo, i due si recarono al campo di Zàn per notificare l’editto anche a quest’ultimo. Zàn inviò a Shào un emissario latore di una lettera in cui si proponeva un accordo. I due ministri ritornarono nella capitale a fare rapporto.
Il giorno stesso dell’accordo, Zàn sciolse il proprio esercitò. Egli raccomandò Li Xuándé per il posto di governatore di Pingyuan. Xuándé e Zhào Yún si salutarono stringendosi la mano e piangendo di commozione, perché non volevano separarsi. Yún ossevò sospirando: “Ho creduto, a torto, che Gōngsūn Zàn fosse
un uomo eccezionale. Ora che l’ho visto alla prova, mi sono reso conto che è anche lui un mediocre come Yuán Shào e tutti gli altri”.
Xuándé gli rispose: “Ti conviene comunque rimanere al suo servizio. Un giorno ci rivedremo”.
E, con le lacrime agli occhi, si separarono.
XVII. Parliamo ora di Yuan Shù, che stava a Nányáng.
Quando seppe che Yuán Shào si era impadronito di Jìzhōu, gli inviò un messaggero per chiedergli una fornitura di mille cavalli. Shào rispose in modo negativo e Shù si irritò talmente che, da quel giorno, i due fratelli cessarono di avere rapporti amichevoli.
In seguito, Shù si rivolse a Liú Biăo di Jinzhōu perché gli fornisse a credito provviste per un valore di duecentomila soldi. Anche Liú Biăo rifiutò, provocando il risentimento di Shù, il quale prese segretamente
contatto con Sūn Jiān per indurlo ad attaccare Liú Biăo. La lettera che gli inviò era più o meno del seguente tenore:
XVIII. “ Tempo fa, quando Liú Biăo ti fermò per strada, non faceva che eseguire gli ordini di mio fratello Bĕnchū. Ora Bĕnchū e Liú Biăo si sono di nuovo messi d’accordo, in segreto, per attaccare il Jiāndong. Ti conviene raccogliere subito un esercito per muovere contro Liú Biăo, mentre io farò in modo che Bĕnchū non
ti disturbi. Così potremo vendicarci dei nostri due avversari. Tu ti prenderai Jinzhōu ed io mi prenderò Jìzhōu .Non mancare questa occasione! ”.
XIX. Ricevuta la lettera, Jiān si disse: “Non ho alcuna ragione di essere amico di Liú Biăo. È lui che, una volta, mi ha fermato per strada mentre ritornavo a casa. Se non colgo ora l’occasione di vendicarmi, quando potrò farlo?” e convocò i suoi aiutanti, fra cui Chéng Pŭ, Huáng Gài e Hán Dāng per discutere la proposta di Yuan Shù.
Pŭ obiettò: “Yuán Shù ci ha già ingannati molte volte. Non merita la nostra fiducia”, ma Jiān gli rispose: “Non
c`è bisogno di far conto sull’aiuto di Yuan Shù. Sono io personalmente che desidero vendicarmi di Liú Biăo”.
Più tardi, Jiān inviò Huáng Gài sulle rive del fiume perché provvedesse ad equipaggiare le navi da guerra, a caricarvi scorte di armi e di provviste ed a far salire sulle navi più grandi i cavalli da guerra. In seguitò fissò il
giorno della mobilitazione.
Tutti questi preparativi non sfuggirono alle spie che si aggiravano nella zona del fiume, le quali andarono a riferirli a Liú Biăo. Liú Biăo ne fu scosso e convocò subito una riunione dei suoi consiglieri civili e militari, uno dei quali, Kuăi Liáng, prese la parola ed osservò: “ Non c’è da preoccuparsi. Basta ordinare a Huáng Zŭ di prendere subito posizione con le truppe dello Jiāngxia, mentre voi potreste seguirlo con le truppe di Jingzhōu
e di Xiáng, come riserva. Sūn Jiān deve superare fiumi e laghi per arrivare sin qui e non sarà certo in grado di attaccarci subito con grandi forze.”.
Biăo fu d’accordo con questo suggerimento ed ordinò a Huáng Zŭ di far subito fronte al nemico con le truppe disponibili, mentre lui si dava da fare per raccogliere un grosso esercito.
XX. Dobbiamo ora parlare dei quattro figli che Sūn Jiān aveva avuto dalla signora Wú. Il primo si chiamava Cè ed aveva come nome di cortesia Bófú; il secondo Quán (nome di cortesia Zhōngmóu); il terzo Yì (nome di cortesia Shūbì) ed il quarto Kuăng (nome di cortesia Jìzuŏ). Sūn Jiān aveva inoltre preso come concubina la sorella minore della signora Wú dalla quale aveva avuto un figlio ed una figlia: il figlio si chiamava Lăng (nome di cortesia Zăo’ān) e la figlia Rén. Jiān aveva anche adottato un ragazzo della famiglia Yú di nome
Sháo (nome di cortesia Gōnglĭ). Jiān aveva infine un fratello minore chiamato Jīng (nome di cortesia Yòutái).
XXI. Quando Jiān stava per partire ed era già montato a cavallo, Jīng accompagnò da lui tutti i suoi figli perché lo salutassero in ordine d’età.
In quell’occasione Jīng disse a Jiān: “Dŏng Zhuó ha monopolizzato tutto il potere ed il Figlio del Cielo è debole e pauroso. Il paese è sprofondato nel disordine ed ogni capo locale si è reso quasi indipendente. Hai appena riportato la calma nella regione del Jiāndōng. Mobilitare un esercito per una piccola vendetta non mi sembra opportuno. Fratello, vorrei che tu riflettessi bene su ciò che stai facendo”.
Jiān gli rispose: “Basta così, fratello. Avrò pure il diritto di fare quello che voglio? Perché non dovrei vendicare
un’offesa?”.
Intervenne allora Sūn Cè, il figlio maggiore di Jiān: “Se devi partire,p adre, lascia che io ti accompagni”.
Jiān lo autorizzò a seguirlo e Cè si imbarcò con lui. Il loro obiettivo era la città di Fánchéng. .
XXII. Huáng Zŭ aveva schierato lungo il fiume i suoi arcieri che, non appena videro le navi nemiche avvicinarsi, le sommersero con una pioggia di frecce.
Jiān ordinò ai suoi uomini di non accettare il combattimento, ma di rimanere tranquillamente seduti all’interno delle imbarcazioni e fece andare le navi avanti ed indietro per indurre i nemici a scagliare le loro frecce. Per tre giorni le navi finsero innumerevoli volte di tentare lo sbarco e furono accolte ogni volta da nugoli di frecce. Ad un certo punto, accadde una cosa a cui i difensori non avevano pensato: le loro riserve
di frecce si esaurirono, mentre gli avversari raccoglievano, per ordine di Jiān, le innumerevoli frecce che galleggiavano sull’acqua del fiume. Lo stesso giorno, approfittando del vento favorevole, Jiān ordinò ai suoi soldati di scagliare tutti insieme le loro frecce contro il nemico. I soldati schierati sulla riva non furono in grado di resistere e dovettero ripiegare.
XXIII. Appena effettuato lo sbarco, Chéng Pŭ e Huáng Gài divisero le loro truppe in due colonne e si lanciarono immediatamente all’assalto dell’accampamento di Huáng Zŭ . Dietro di loro veniva una terza colonna guidata da Háng Dāng.
Huáng Zŭ non poté resistere ad un attacco condotto da tre direzioni e fu volto in fuga.
Abbandonata Fánchéng, egli si ritirò a Dèngchéng.
Jiān ordinò a Huáng Gài di rimanere a guardia delle navi ed assunse egli stesso il comando delle operazioni.
Huáng Zŭ venne incontro agli assalitori con il suo esercito e lo schierò in campo aperto.
Jiān schierò le sue truppe e poi uscì a cavallo dall’accampamento, passando sotto le bandiere che garrivano al vento. Anche Sūn Cè aveva rivestito un’armatura che gli ricopriva tutto il corpo. Con la lancia in pugno, fece fermare il suo cavallo di fianco a quello del padre.
Accanto a Huáng Zŭ cavalcavano due dei suoi generali: Zhāng Hŭ di Jiānxià e Chén Shēng di Xiāngyáng.
Huáng Zŭ fece schioccare in aria la punta della sua frusta urlando: “ Banditi! Topacci del Jiāndōng! Come osate invadere la terra avita della casa dei Hàn?”. Poi ordinò a Zhāng Hŭ di sfidare un nemico a duello.
Dalle file dei soldati di Sūn, Hán Dāng uscì a raccogliere la sfida.
I due spinsero i cavalli l’uno contro l’altro e si scambiarono più di trenta colpi. Chén Shēng, vedendo che Zhāng
Hŭ stava cedendo, spronò il cavallo per corrergli in aiuto, ma Sūn Cè, che aveva osservato di lontano ciò che accadeva, pur continuando a tenere in mano la lancia, infilò una freccia nel proprio arco e scoccò un tiro che colpì Chén Shēng in pieno viso. Sentir vibrare la corda e scorgere Chén Shēng che cadeva da cavallo fu tutt’uno. Zhāng Hŭ, nel vedere che Chén Shēng era caduto a terra, rimase un attimo sconcertato e ciò fu la sua rovina: un fendente della spada di Hán Dāng gli tagliò via metà della testa. Chéng Pŭ lanciò allora il cavallo al galoppo dinanzi alle truppe e si lanciò su Huáng Zŭ che, scagliato via l’elmo, balzò giù dal cavallo e si nascose, per salvarsi, tra le file dei propri soldati.
Sūn Jiān incalzò per ogni dove i nemici sconfitti ricacciandoli sino al fiume Hàn, poi ordinò a Huan Gai di ancorare le navi nel fiume Hàn.
XXIV. Huáng Zŭ raccolse i resti delle proprie truppe e si ritirò presso Liú Biăo, al quale riferì, con grandi dettagli, che non era possibile fermare Sūn Jiān.
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Liú Biăo, preso dal panico, chiese consiglio a Kuăi Liáng, il quale osservò: “ Abbiamo appena subito una sconfitta ed i soldati sono demoralizzati. Perciò l’unica cosa da fare per il momento è trincerarci ed evitare scontri in campo aperto. Nel frattempo dovremmo mandare qualcuno di nascosto a chiedere aiuto a Yuán Shào . Questo è l’unico modo in cui possiamo cercare di rompere l’accerchiamento”.
Cài Mào obiettò: “Il suggerimento di Zĭróu è insensato. Le truppe nemiche sono già alle porte della città ed i loro generali occupano già le rive del fiume. Perché dovremmo restare con le mani in mano ad aspettare la morte? Io sono disposto a guidare l’esercito fuori dalla città ed a rischiare il tutto per tutto in una sola battaglia”.
Liú Biăo lo autorizzò a tentare.
XXV. Cài Mào prese il comando di diecimila uomini e, condottili fuori dalle mura di Xiāngyáng, li schierò sulle pendici del monte Xiàn.
Sūn Jiān , avanzando rapidamente con i suoi soldati vittoriosi, lanciò una vasta offensiva.
Vedendo Cài Mào cavalcare in testa alle proprie truppe, Jiān disse: “Quell’uomo è il fratello della seconda moglie di Liú Biăo. Chi di voi me lo consegnerà?.
Chéng Pŭ sollevò la sua lancia dalla punta d’acciaio e si gettò avanti al galoppo, deciso ad affrontare Cài
Mào.
Dopo un breve scambio di colpi, Cài Mào si diede alla fuga. Jiān si lanciò allora in avanti con tutto l’esercito,
facendo strage di nemici, finché tutto il campo di battaglia fu ricoperto di cadaveri.
Cài Mào si rifugiò entro le mura di Xiāngyáng, ma Kuăi Liáng lo accusò di essere stato all’origine della sconfitta, per aver adottato una cattiva strategia, e chiese che, conformemente alle leggi di guerra, fosse
condannato a morte. Liú Biăo era riluttante a pronunciare una sentenza di condanna, perché aveva appena sposato la sorella minore di Cài Mào.
XXVI. Sūn Jiān , nel frattempo, aveva fatto compiere al suo esercito una manovra avvolgente per circondare e poi attaccare Xiāngyáng.
Un giorno, un’improvvisa raffica di vento spezzò il pennone su cui sventolava la bandiera del “Comandante in capo”. Hán Dāng osservò che non era un buon presagio e che sarebbe stato meglio interrompere, per qualche tempo, le operazioni militari, ma Jiān ribattè: “Ho combattuto molte battaglie ed ho ottenuto molte vittorie. La caduta di Xiānyáng è ormai questione di pochi giorni. Ed ora dovrei sospendere da un momento all’altro le operazioni solo perché un colpo di vento ha spezzato un pennone?”. Di conseguenza, non diede retta alle parole di Hán Dāng e continuò ad attaccare la città con ancor maggiore vigore.
Kuăi Liáng riferì a Liú Biăo: “Ho osservato il cielo durante la notte ed ho visto che la Stella del Generale sta calando.(3) In base all’astrologia, quella stella dovrebbe indicare il destino di Sūn Jiān. Vostra Eccellenza dovrebbe inviare immediatamente un messaggio a Yuán Shào per chiedergli aiuto”.
XXVII. Liú Biăo scrisse una lettera e domandò se qualcuno avesse il coraggio di attraversare le linee degli assedianti per portarla a destinazione. Il valoroso generale Lǚ Gōng si offrì come volontario. Kuăi Liáng gli disse: “Dal momento che hai il coraggio di tentare l’avventura, dovresti dare ascolto al mio piano. Prendi con te cinquecento cavalieri, assicurandoti che ci siano tra di loro molti buoni arcieri, poi esci dalla città e, se riesci a sfondare le linee nemiche, fuggi subito verso il monte Xiàn. Quasi di sicuro ti inseguiranno. Allora, invia un centinaio di uomini sulla cima della montagna, con l’ordine di raccogliere grosse pietre e di preparare un’imboscata. Nascondine altri cento nel bosco con archi e frecce. Quando arriveranno gli inseguitori, tu e gli uomini che ti resteranno non dovrete fuggire verso la pianura, ma fingere di cercare scampo su per i sentieri
tortuosi della montagna, in modo da attirare i nemici nei posti in cui avete preparato l’agguato.A questo punto, potrete scaricare tutti insieme sul nemico una valanga di pietre e di frecce. Se sarete vittoriosi, lanciate dei razzi colorati e noi vi verremo in aiuto facendo una sortita dalla città. Se il nemico non dovesse inseguirvi, non lanciate razzi, ma galoppate via in gran fretta. La luna sembra coperta stasera. Potrete uscire dalla città non appena farà scuro.”
XXVIII, Presa conoscenza del piano, Lǚ Gōng radunò i suoi cavalieri e, non appena fu notte, fatta aprire la porta orientale, condusse i suoi uomini fuori della città.
Sūn Jiān era nella sua tenda quando, improvvisamente, udì delle urla. Saltò subito a cavallo, ed alla testa di una trentina di cavalieri o poco più, uscì in fretta dall’accampamento per vedere che cosa stesse succedendo. Le sentinelle lo informarono: “Un drappello di cavalieri è uscito dalla città, ha travolto le nostre linee avanzate e sta fuggendo verso il monte Xiàn”. Jiān non fece dare l’allarme, ma si lanciò subito all’inseguimento, portando con sé i pochi uomini della sua scorta.
Nel frattempo, Lǚ Gōng aveva già raggiunto, sulle pendici della montagna, un denso bosco, nel quale i suoi uomini si erano sparsi in agguato.
Galoppando a spron battuto, Sūn Jiān arrivò sul posto tutto solo, qualche istante prima dei suoi uomini.
Mentre Jiān urlava “Fermi!”, Lǚ Gōng voltò indietro il cavallo e finse di accettare il combattimento, ma, dopo un attimo, si diede alla fuga, lanciandosi su per il sentiero che saliva verso la cima della montagna.
Jiān lo inseguì immediatamente, ma lo perse presto di vista. Mentre stava per salire in cima alla montagna, si sentì, all’improvviso, il suono dei gong e dalle rocce cominciarono a piovere pietre, mentre dal bosco partivano raffiche di frecce.
Jiān fu colpito da pietre e frecce ed un grosso masso gli spaccò la testa. Anche il cavallo fu ucciso.
Così morì, sul monte Xiàn, Sūn Jiān. Aveva trentasette anni.
XXIX. Lǚ Gōng bloccò la strada alla trentina di cavalieri che avevano seguito Sūn Jiān e li uccise tutti, poi fece
sparare i razzi luminosi. Huáng Zŭ , Kuāi Yuè e Cài Mào lanciarono delle sortite dalle varie porte della città. Molti distaccamenti dell’esercito del Jiāndōng furono travolti.
Huáng Gài, sentendo urla e clamori, condusse all’attacco le truppe rimaste a guardia delle navi e si imbatté subito in Huáng Zŭ . Dopo un breve scambio di colpi, Huáng Zŭ fu catturato vivo. Chéng Pŭ stava accanto a Sūn Cè, che cercava disperatamente una via di scampo, quando si vide venire addosso Lǚ Gōng . Chéng Pŭ spronò il cavallo in avanti e, dopo un breve scambio di colpi, Lǚ Gōng fu trafitto dalla lancia di Chéng Pŭ e cadde a terra.
I due eserciti si impegnarono in una grande battaglia e la strage durò fino all’alba, quando i contendenti si
separarono e le truppe di Liú Biăo rientrarono in città.
Fu solo al suo ritorno sulla riva del fiume Hàn che Sūn Cè venne informato che suo padre era stato ucciso da una grandine di pietre e di frecce e che il suo corpo era stato portato in città dai soldati di Liú Biăo.
Sūn Cè cominciò a piangere ed a lamentarsi. Tutti i soldati erano tristi. Cè disse: “ Come potremmo mai tornare a casa lasciando qui il corpo di mio padre?”.
Huáng Gài suggerÌ: “Abbiamo preso prigioniero Huáng Zŭ . Inviamo qualcuno in città a negoziare la pace ed a
proporre la restituzione di Huáng Zŭ in cambio del cadavere di Sua Eccellenza”.
XXX, Non aveva ancora finito di parlare che un ufficiale di nome Huán Jiē si fece avanti e disse: “Io conosco bene Liú Biăo e sono disposto a recarmi in città come vostro inviato”.
Cè lo autorizzò a farlo. Huán Jiē entrò in città, si presentò a Liú Biăo e gli espose le proposte di Sūn Cè.
Biăo gli rispose: “Ho già fatto adagiare il corpo di Wéntái in una bara che è stata deposta qui. Se ci restituite subito Huáng Zŭ , nulla impedisce che ci accordiamo per smobilitare le truppe e rientrare ciascuno nei propri
confini”.
Huán Jiē lo ringraziò e stava per andarsene, quando Kuăi Liáng si fece avanti fin sotto i gradini del palco su cui sedeva Liú Biăo e disse: “Non possiamo accettare! Non possiamo accettare! Ho qualcosa da dire. Dobbiamo annientare l’esercito del Jiāndōng. Io vi suggerisco, in primo luogo, di uccidere Huán Jiē e poi di vedere che cosa ci conviene fare”.
Si può veramente riassumere la storia in questo modo: “Sūn Jiān era appena morto cercando lo scontro con il nemico che Huán Jiē rischiava a sua volta di morire cercando la pace”.
Non sapete se Huán Jie riuscirà a cavarsela ed in che modo? Continuate a leggere e ve lo diremo.
NOTE
1) Il termine Qiāng 羌 indicava genericamente, nei tempi più antichi, le popolazioni diverse dall’etnia Hàn, allora insediata soltanto nella valle del Fiume Giallo. All’epoca della dinastia Hàn indicò i popoli che abitavano nelle regioni settentrionale ed orientale dell’altopiano del Tibet. Oggi designa una piccola minoranza etnica di circa 300.000 persone stabilita nel nord-est del Sìchuān.
2) L’uso del termine pào 炮 (“razzo”,“cannone”) sembra un anacronismo perché la battaglia del fiume Pán avvenne nel 191 d.C., mentre, sebbene la data della scoperta della polvere pirica non sia nota, le prime menzioni di razzi o fuochi artificiali risalgono alla dinastia Sōng 宋 朝, che regnò intorno al 1000 d.C.
3) La stella nota nell’astronomia cinese come “Gran Generale Celeste” 天大將軍 “tiān dà jiāngjūn” corrisponde, nell’astronomia occidentale, ad Almach o Gamma Andromedae.
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